televisione
“Il prezzo del trend”: come il caso Signorini è diventato un format da taglia e condividi
Dentro la macchina della viralità: dal video di “Falsissimo” alle clip-meme, fino al business che monetizza l’attenzione. E perché tutto questo ci riguarda, che lo vogliamo o no
È notte e lo schermo del telefono lampeggia di notifiche. La stessa battuta, lo stesso audio, lo stesso gesto ripetuto in loop. Nelle chat di gruppo gira una clip di Fabrizio Corona che scandisce una frase pensata per restare in testa. Sopra, un testo sovrapposto: “Come si entra nella Casa?”. Sotto, un montaggio serrato. Il video non chiede d’essere capito: chiede d’essere tagliato. È successo il giorno dell’uscita de “Il prezzo del successo”, la puntata di “Falsissimo” che mostra presunte chat attribuite ad Alfonso Signorini e le collega a un presunto “sistema” per entrare nei reality. Da lì in poi, l’ecosistema social ha fatto il resto: clip meme, trend sonori, reinterpretazioni comiche, hashtag in ascesa, rilanci su TikTok e Instagram. Un copione già visto con altri “format” virali: la storia è materia prima, il montaggio è prodotto, la distribuzione è algoritmo. La verità? Quella, spesso, è un optional.
Che cosa è successo e quando
Il 15 dicembre esce “Il prezzo del successo”, nuovo episodio di “Falsissimo”, in cui Corona espone accuse rivolte a Signorini e mostra materiale che definisce “chat” e “messaggi espliciti” collegati, a suo dire, a ingressi televisivi. Le conversazioni diffuse sono presentate come “attribuite” e non verificate da autorità indipendenti; il protagonista indirettamente chiamato in causa replica che è “tutto in mano ai miei legali”. Nei giorni successivi, il tema diventa centrale su giornali e social, con ulteriori annunci di “nuove rivelazioni”. Il ciclo informativo e l’engagement algoritmico si alimentano a vicenda.
La struttura stessa del video appare progettata per la massima circolabilità: ritmo scandito, frasi “da titolo”, frame-chiave che funzionano da sticker o reaction e un linguaggio visivo che invita al riuso. Nelle ore seguenti compaiono le prime clip-parodia, le imitazioni, i lip-sync. Creator con basi follower consistenti prendono il materiale e lo piegano ai propri format (dal finto vocale al finto provino), facendo decollare il trend.
L’effetto-attenzione non investe solo chi è accusato: i numeri del profilo Instagram di Signorini crescono di oltre 4.000 follower tra il 15 e il 17 dicembre, a conferma che la curiosità batte lo scandalo. È il paradosso tipico delle tempeste social: più rumore, più click.
Sotto la superficie, c’è una strategia che non nasce oggi: economia dell’attenzione, architettura del meme e monetizzazione multicanale. Vediamola da vicino.
Il metodo: scrivere contenuti con la forbice in mente
“Crea un contenuto perfetto da tagliare in clip, pronte per essere diffuse sui social.” È una frase che riassume bene l’impianto di “Il prezzo del successo”: unità semantiche brevi, gesture riconoscibili, hook verbali e visivi che funzionano singolarmente. Questo “design per la clip” accende tre micce:
La miccia algoritmica
Più un contenuto è facile da estrarre e ricontestualizzare, più genera derivati. Ogni derivative è un nuovo punto di ingresso. L’algoritmo di TikTok e Instagram Reels premia interazioni veloci, loop, watch time: un hook ben scritto è il 50% del lavoro.
La miccia sociale
Il meme ha valore d’uso: serve a esprimere posizioni (ironiche o indignate) con basso costo cognitivo. Se il frame è forte, la community monta il resto. Nel caso Signorini, i creator hanno declinato lo stesso spunto in chiave comedy, culinaria, sportiva, “falso vocale”, “finto DM”. L’hashtag #Signorini raccoglie migliaia di clip in pochi giorni.
La miccia informativa
Il “riassunto virale” schiaccia le sfumature. Si tende a sostituire il fatto con la narrazione più condivisibile. È qui che il giornalismo e le piattaforme si incrociano: la responsabilità è evitare che la semplificazione diventi semplismo. Agcom da anni avverte: la condivisione impulsiva è il primo acceleratore della disinformazione.
La coda lunga dei creator: dalla parodia alla normalizzazione del caso
Una volta lanciato il format-meme, intervengono i creator. Esempi citati nei monitoraggi:
- Turbopaolo (comedy) pubblica una scena con finto ascolto di messaggi post-partita, giocando sul ritornello riconoscibile.
- Errico Porzio (imprenditore e pizzaiolo, oltre 1,2 milioni su TikTok) “aggancia” il trend: promette un finto retroscena “come sono entrato nella Casa” e poi svela che l’“ingresso” è in pizzeria, ribaltando il frame.
- Sulla piattaforma, l’hashtag #Signorini raccoglie circa 4.000 clip (non tutte pertinenti, ma l’onda è chiara).Il punto è quantitativo e qualitativo: più un trend sconfina dai profili “gossip” verso i verticali lifestyle, food, sport, più diventa “normale”, quindi più stabile nell’algoritmo.
Oltre il caso: il business model che monetizza il rumore
Dietro la viralità, c’è un modello economico. Alcuni tasselli:
Multicanale e “funnel” d’attenzione: YouTube (free), membership/premium, merch, libri, sponsorizzazioni, progetti collaterali. I dati pubblici non sono esaustivi, ma diverse stime confermano che una puntata ad alto volume può garantire entrate a cinque cifre, cui si sommano abbonamenti e sponsorizzazioni. L’exploit di “Falsissimo” nei primi mesi del 2025 è documentato da più fonti.
Diversificazione “speculativa”: tra febbraio e marzo 2025 Corona ha promosso iniziative come il “Progetto Corona” (schema d’investimenti via Telegram, successivamente etichettato come “truffa/SCAM” e da cui lui stesso prende le distanze) e la memecoin $CORONA, sulla quale Consob interviene ordinando la cessazione dell’offerta al pubblico in Italia per violazioni MiCAR. Il pattern che interessa qui non è la crypto in sé, ma il meccanismo: convertire attenzione in propensione al rischio e poi in cashflow.
La frase-chiave: in una rara intervista circolata online, Corona sintetizza la logica della viralità con una formula brutale: “Purtroppo i numeri li fai guadagnando e vendendo agli stupidi che ti seguono”. È un’autodescrizione cinica del capitalismo del meme: si produce contenuto che la gente è disposta a condividere e, a valle, si attivano linee di monetizzazione.
È la fotografia di un’economia in cui il trend diventa asset e il “format-meme” è la pipeline per portare quell’asset su punti cassa (abbonamenti, token, corsi, affiliazioni).
I numeri che raccontano l’onda
Crescita follower Instagram di Signorini: da circa 983.175 a 987.537 in 48 ore (+4.362), dal 15 al 17 dicembre 2025. Un incremento controintuitivo durante una bufera mediatica.
Hashtag e clip: su TikTok, #Signorini raggiunge “quasi 4.000” video nel momento del monitoraggio (misto tra contenuti pertinenti e non). Indice di adozione del trend oltre le cerchie del gossip.
Pipeline contenuti: teaser, parte 1/parte 2, anticipazioni su Instagram, screenshot in storie e post: la serializzazione moltiplica l’hype e la disponibilità di materiale riusabile.
Questa storia parla del nostro modo di stare online
La frase più utile per leggere tutto questo l’ha pronunciata chi il trend l’ha acceso: “Purtroppo i numeri li fai guadagnando e vendendo agli stupidi che ti seguono.” Se togliamo l’insulto, resta la formula dell’attenzione estratta: si produce un evento, lo si serializza, lo si memetizza, lo si monetizza. Il caso Signorini dentro “Falsissimo” è il compendio di questa stagione digitale: contenuti progettati per essere tagliati, creator che ne moltiplicano la portata, piattaforme che trasformano l’eco in reach, modelli di business che trasformano il rumore in ricavo. E in mezzo, un pubblico che può scegliere se essere “target” o “lettore”.
La differenza, oggi, è tutta lì: saper distinguere tra un meme che ci fa ridere e un meccanismo che ci fa abbassare la guardia. E decidere di conseguenza.