Il racconto
Dai pionieri a Totò Schillaci e alla Serie A: una storia che comincia con la “Coppa Withaker” organizzata nel lontano 1905
Primi passi. Nel 1919 nacque l’Us Messinese Poi le gesta più recenti al Celeste e al San Filippo
Messina, 125 anni di storie e passioni calcistiche, di derby sovente combattutissimi con il Palermo, quindi di quelli con il Catania, di scalate alla serie A facendo ribollire di travolgente agonismo il catino dello stadio “Giovanni Celeste” (dove esplose la stella Totò Schillaci) e poi in epoca recente nel “San Filippo” dopo gli approcci nei primi campi di periferia, di calate sino in D o nel buio di qualche fallimento; ma con il grandissimo merito di aver saputo rispondere dalla lontana isola di Sicilia ai primi bagliori di questa disciplina quando gli operatori commerciali navali britannici calarono nel territorio ligure proponendo nell’ultimo ventennio del 1800 i primi confronti sui campetti improvvisati dei moli portuali fra le squadre delle varie imbarcazioni. Come a Palermo, nella città peloritana a dare la dritta e dirigere le operazioni appunto i sudditi britannici; come in quella che sarà casa rosanero, anche nel villaggio giallorosso se oggi si fa calcio e se lo si è fatto anche nella massima divisione nazionale, è fuor di dubbio che i meriti vanno attribuiti al DNA della famiglia Withaker, un cui noto rampollo, Robert Sandersson Witacker dettò appunto calcio. E, quando nominiamo i Sandersson, riteniamo che a Messina si risveglino antichi ricordi di personaggi che hanno avuto un ruolo e connotati ben precisi.
Ovvio che nell’ondata di entusiasmo prodotta dai primi bagliori del tifo si siano inseriti tanti altri personaggi, ai quali vengono attribuiti meriti elevati. Facciamo un esempio: al messinese Alfredo (o Alfonso?) Marangolo viene assegnata una efficace frequentazione a Londra del college Eton, che gli avrebbe fatto sciacquare i panni nell’Arno del nascente calcio, spingendolo ad esserne – al rientro in patria - il propagatore e messia di questo gioco poi divenuto una delle bandiere nazionali. Stesso discorso per un palermitano, Ignazio Majo Pagano, amico e collega del Marangolo, collocato in quel college, anch’egli attribuito del merito di avere portato nella futura capitale dell’isola il “primo pallone”.
Marangolo e Majo Pagano hanno sì soggiornato in Inghilterra da turisti, ma non sono mai stati allievi in quell’Eton, come risultato nel corso di una ricerca ufficiale alla fonte effettuata da alcuni ricercatori palermitani che fanno capo allo storico Gabriele Pomar ed al fondatore e direttore del Museo del Palermo Calcio, il collega Giovanni Tarantino. Peraltro è anche emersa ben altra attività personale svolta dal Majo Pagano in quei periodi della attribuita presenza nei ranghi dell’Eton.
Ma è chiaro semmai che Marangolo e Maio Pagano, quindi Sandersson a Messina e Blake a Palermo sono stati i veri profeti del calcio, in Sicilia, come dire in quell’oasi fiorente di passione, che oggi ereditiamo proiettata com’è nel tempo. Semmai balzano alla mente alcuni particolari. Il Messina ha preso le mosse il 1 dicembre 1900, pochi mesi più tardi del Palermo ed oggi si gode il 125° compleanno, anche se per vicissitudini tragiche come il terrificante terremoto del 1908, come le due guerre mondiali, come alcuni fallimenti, la sua storia s’è spesso interrotta. Primo presidente l’armatore navale Walter Becker, titolare dell’agenzia Peirce, Becker e Ilardi), suo successore Arthur Barret Lascelles. Primo terreno di gioco la spianata di San Ranieri. Primi confronti con le rappresentative delle navi mercantili in transito nel porto. Prima competizione ufficiale la Coppa Withaker messa in palio dal console Giuseppe – pardon Joseph in un match con il Palermo (allora non a caso Anglo Panormitan e quel che segue).
Ed in successione temporale il 1905 fa scoccare l’ora del primo torneo che si disputi nel Sud. Una ‘meraviglia’ scriveranno i primi osservatori. Una risposta ai primi tornei nazionali poi nel tempo riscattati in veri campionati tali da attribuire titoli italiani, anche se limitati a squadre liguri e piemontesi, poi a quelle lombarde. Poco badando purtroppo a quel precedente “titolo di campione d’Italia” antesignano per il cui riconoscimento si batte da sempre l’Udinese. Dunque rispondiamo dalla Sicilia con la Withaker Challenge Cup, con un “nostro” campionato sia pure limitato inizialmente al derby fra le squadre dei due capoluoghi.
In palio una coppa d’argento – è chiaro, munifico omaggio del console Joseph Withaker - da assegnare alla squadra che avesse avuto la meglio due volte su tre. Si giocò a Palermo e la Messinese si impose 3-2.
Un primo assaggio s’era avuto nell’anno precedente, sul campo di San Ranieri, anche in quel caso vinto dai peloritani per 3-2.
Contemporaneamente la squadra peloritana partecipò al Lipton Trophy, organizzato ancora dalla colonia britannica a Palermo, ma ambiziosamente allargato a Campionato del Sud, avendo coinvolto molte squadre dell’isola ma anche di Napoli. Il Lipton Trophy, come noto, messo su dal re del the, in transito annuale commerciale attraccando nel molo palermitano, in improvvisati i match con la squadra di casa. Superfluo dire che i progressi del calcio portarono a Messina quel bacillo che avrebbe dato vita a numerose altre società, la più fiorente delle quali potremmo individuarla nella Garibaldi, pur in presenza del salasso del terremoto, caratterizzato dal trasferimento a Catania dei rari footballer superstiti, dando vita a quel sodalizio. Altre formazioni sorte in quell’epoca, meritevoli di un ricordo, possono essere l’Audax, l’Avanti Savoia, la Mazzini e l’Audace.
Il 10 novembre 1919 venne costituita l’Unione Sportiva Messinese, principali promotori Giovanni Vento ed Augusto Salvato, che vollero dare il timone ad un primo vero allenatore, Nazzareno Allegra.
La Sicilia – lungo l’asse Messina-Palermo, poi allargata a Catania e Siracusa – accampa il diritto di fondatrice del calcio nel Sud, affiancandosi a Napoli; un riconoscimento che non guasterebbe in termini e livelli ufficiali da parte della FIGC. Qualificata e determinante ai fini organizzativi nel calcio d’epoca la presenza di un particolare personaggio, partito dal ruolo di giocatore, approdato a quello di arbitro ed approdato ai massimi vertici dirigenziali. Era il dottore Rosario Gregorio, originario e residente a Furci Siculo, palermitano di adozione. Gregorio fu anche osservatore nel Sud per la Nazionale.