Jannik Sinner e il "passante" contro i detrattori: «Io sono orgoglioso di essere italiano e vi spiego perché»
Il supercampione azzurro in una intervista: «Alcuni dicono che l’Alto Adige e la Sicilia siano totalmente diversi, però è anche la nostra fortuna, la forza nelle differenze»
Allegra Agnelli e Jannik Sinner
«Se fossi nato 50 km più in giù, avrei meno critiche sul fatto di essere o non essere italiano? Sai, questa è una domanda cui non so rispondere. Non lo so, è un po’ come dire perché oggi c’è il sole non poteva piovere? Boh! Però sono orgoglioso di essere italiano, sono molto felice di essere nato in Italia e non in Austria, o da un’altra parte, perché secondo me onestamente questo Paese merita molto di più, anche di quello che sto facendo io. Perché abbiamo le strutture, abbiamo gli allenatori, abbiamo i giocatori, abbiamo tantissime mentalità differenti. Che sono anche la nostra forza: alcuni dicono che l’Alto Adige è diverso, la Sicilia è totalmente diversa, però è anche la nostra fortuna, la forza nelle differenze, sì. Quindi abbiamo di tutto per essere lì a competere contro i migliori al mondo e secondo me dobbiamo unirci, stare insieme e darci forza per avere più trofei e più orgoglio possibile, perché secondo me l’Italia lo merita».
Parole di Jannik Sinner nel quarto capitolo di “Jannik, oltre il tennis”, il consueto speciale-confessione con il numero 1 del mondo, curato dal direttore di Sky Sport Federico Ferri e in onda da domani, mercoledì 5 novembre, alle 20.45 su Sky Sport Tennis e Now. Sinner si è soffermato anche sul ruolo degli sportivi e sui suoi punti di riferimento: «Io ho sempre pensato che noi atleti non cambiamo il mondo. Poi ognuno ha degli idoli: all’inizio il mio è stato Andreas Seppi, perché conoscevo solo lui, e poi dopo, quando sono entrato un po’ nel tennis, è diventato Roger (Federer), poi ho conosciuto Rafa (Nadal) e ho detto “lui umanamente è incredibile”. Poi ho conosciuto Nole (Djokovic) e ho detto “lui è incredibile in quello che fa”. Però poi ti rendi conto che siamo persone che non cambiano il mondo. Invece oggi siamo seduti qua e voi (rivolto al pubblico di ricercatori e medici dell’Istituto di Candiano) fate la differenza, voi che riuscite a dare una vita o a risolvere dei problemi che sembrano impossibili. Noi giochiamo solo a tennis, cerchiamo di tirare una pallina in campo. Poi c’è chi lo fa meno bene e chi lo fa di più».