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Il caso

L’imbarazzante malinteso fra Acr Messina e Bahrain Visit: da partnership storica a “giallo” internazionale

Nei giorni scorsi l’annuncio trionfale, poi il clamoroso dietrofront con la secca smentita dei titolari del marchio. "Non esiste alcuna connessione o accordo di sponsor col vostro club. L’uso del nostro logo e del nostro nome non è autorizzato ed è illegale". Nessuna replica dall’Acr

Nunzio Casabianca

03 Novembre 2025, 19:36

Le nuove maglie  dell'Acr Messina con il logo della discordia

Doveva essere l’inizio di una nuova era per L’Acr Messina, una di quelle operazioni capaci di proiettare un club di provincia su una scena internazionale. Invece, nel giro di pochi giorni, la tanto celebrata partnership con Sua Altezza Reale il Principe Sheik Abdulla Bin Khalifa Al Khalifa del Bahrain si è trasformata in un clamoroso caso diplomatico-sportivo, con potenziali risvolti legali.

L’annuncio trionfale

La società giallorossa, rappresentata dal presidente Justin Davis e dal vicepresidente e direttore generale Morris Pagniello, aveva annunciato in pompa magna un accordo con il prestigioso brand turistico Visit Bahrain. L’intesa, secondo il comunicato ufficiale diffuso dal club, avrebbe dovuto sancire una sponsorizzazione storica: la prima volta in cui una realtà del Medio Oriente decideva di legare il proprio nome a un club europeo. L’obiettivo dichiarato era ambizioso: «Promuovere le bellezze e la cultura del Regno del Bahrein attraverso il calcio», unendo idealmente le sponde del Mediterraneo e del Golfo Persico. «Siamo profondamente onorati di questa partnership – avevano dichiarato Davis e Pagniello – Questo accordo rappresenta un passo fondamentale nel processo di internazionalizzazione del marchio Acr Messina».

Per qualche ora, l’entusiasmo aveva contagiato anche i tifosi: immagini e video con il nuovo logo VisitBahrain campeggiavano sulle divise e sui canali social ufficiali del club.

Il dietrofront inatteso

Poi, la doccia gelata. Sull’account verificato @visitbahrain.bh, la società titolare del marchio ha pubblicato una smentita secca: «Siamo i titolari registrati del marchio VisitBahrain in Bahrein. Non abbiamo alcuna connessione o accordo di sponsorizzazione con il vostro club o organizzazione. L’uso del nostro logo e del nostro nome è non autorizzato e illegale». Un messaggio che lascia poco spazio all’interpretazione. L’ente ha inoltre intimato al club di rimuovere immediatamente ogni riferimento al brand, minacciando azioni legali per violazione di proprietà intellettuale e danni reputazionali in caso di mancato adeguamento entro 24 ore.

Silenzio e imbarazzo

Nel frattempo, l’Acr Messina ha scelto la linea del silenzio. Nessun comunicato ufficiale, nessuna replica alle accuse. Una scelta che, però, non ha fatto che alimentare dubbi e speculazioni. Come è possibile che un marchio internazionale sia stato utilizzato senza un accordo formale? E chi, all’interno della società, ha autorizzato l’inserimento del logo sulle maglie da gioco e sui canali social? Fonti vicine al club parlano di un “malinteso” dovuto a intermediari esterni, ma al momento non ci sono conferme ufficiali.

Il danno d’immagine

Quel che è certo è che il caso rappresenta un duro colpo d’immagine per la società siciliana. In poche ore, il sogno di un ponte calcistico tra Messina e il Bahrein si è trasformato in una vicenda dai contorni imbarazzanti, che rischia di compromettere la credibilità del club. Se il marchio VisitBahrain decidesse di procedere per vie legali, l’Acr Messina si troverebbe ad affrontare un contenzioso internazionale con conseguenze potenzialmente pesanti. Nel frattempo, i tifosi attendono spiegazioni. E una città intera si interroga su come un’operazione “storica” sia potuta naufragare così rapidamente, lasciando dietro di sé solo interrogativi e un silenzio assordante.