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gli scenari

Forza Italia apre il cantiere del centro: “Azione con noi se ci sono le condizioni”. E il nodo è la legge elettorale

La partita del candidato premier si giocherà sulle regole del voto: in FI difendono la consuetudine del capo del governo indicato dal partito di coalizione più votato, ma mantengono le porte aperte a nuove adesioni nel perimetro liberal-conservatore, compresa Azione, se matureranno “le condizioni” richieste

Redazione La Sicilia

19 Dicembre 2025, 13:32

Forza Italia apre il cantiere del centro: “Azione con noi se ci sono le condizioni”. E il nodo è la legge elettorale

Una cartellina blu si chiude di scatto nel Transatlantico. Dentro, tabelle e “simulazioni” su possibili modifiche alla legge elettorale. Fuori, l’eco di una frase che rimbalza dai corridoi ai titoli dei siti: il portavoce di Forza Italia, Raffaele Nevi, dice che “il candidato premier dipenderà dalla legge elettorale” e che il partito è “aperto al 100% ad aggregare chi condivide i nostri valori, compresa Azione, se ci fossero le condizioni”. È un messaggio semplice nella forma, ma dirompente nella sostanza: nella legislatura in cui il centrodestra prova a cucire insieme riforma del premierato e nuovo sistema di voto, i rapporti di forza nel perimetro moderato potrebbero cambiare in fretta.

Il punto di partenza: la regola non scritta del centrodestra

Nel centrodestra c’è una tradizione consolidata: il partito della coalizione che prende più voti indica il presidente del Consiglio. È una consuetudine che FI rivendica apertamente anche oggi. La posizione la riassume Nevi: meglio “mantenere la storica regola per cui il partito della coalizione più votato indica il capo del governo”. Una formula che riconosce la leadership attuale di Fratelli d’Italia e al tempo stesso tutela l’identità azzurra dentro l’alleanza, evitando lotte preventive sui nomi.

L’argomento non è accademico. La discussione su una nuova legge elettorale – tra ipotesi di proporzionale con preferenze, soglia di sbarramento al 3% e un “premio di maggioranza” a due soglie – si intreccia con l’idea, sostenuta in ambienti di FdI, di inserire sulla scheda il nome del candidato premier. Una “tentazione” che circola da mesi e che ha già prodotto resistenze, soprattutto nella Lega, mentre FI ha tenuto una linea più prudente, difendendo la premialità delle coalizioni ma senza blindare formule che costringerebbero i partiti a cristallizzare subito i nomi.

Forza Italia, il cantiere dell’aggregazione e la “razionalizzazione dell’offerta”

Il passaggio che accende i radar politici è però un altro: Forza Italia “apre” all’aggregazione di forze politiche affini, e cita esplicitamente Azione tra i potenziali interlocutori. Non è la prima volta che il mondo azzurro ragiona di “razionalizzazione dell’offerta” nel campo moderato: lo ha fatto nei mesi scorsi il segretario Antonio Tajani, spingendo per un’area europeista, atlantista, liberale e popolare capace di parlare alle classi produttive e all’elettorato pragmatico. La novità, oggi, è il riferimento puntuale a un possibile approdo dei calendiani, “se ci fossero le condizioni”. Un condizionale pesante, che chiama in causa identità, programmi e la fisionomia della futura legge elettorale.

Azione tra autonomia e sponde nel centro moderato

Che cosa pensa Azione? Negli ultimi mesi Carlo Calenda ha ripetuto più volte che il suo partito resta “alternativo alla destra e alla sinistra”, ma ha anche riconosciuto “cose in comune con Forza Italia”, in particolare sul posizionamento internazionale, sull’agenda economica e su una cultura di governo non ideologica. È accaduto pubblicamente alla festa dei giovani azzurri nelle Marche, lo scorso 13 settembre 2025. Parole che hanno alimentato un filo di dialogo politico senza ufficializzazioni.

Allo stesso tempo, Calenda ha mantenuto una postura di autonomia rispetto al centrosinistra guidato da Elly Schlein, rivendicando il ruolo centrista affidato dagli elettori e marcando differenze su Ucraina, difesa europea e politica industriale. Un posizionamento che nei mesi primaverili aveva già irrigidito il rapporto con il Pd, con botta e risposta pubblici.

Sul piano interno, il partito di Calenda è uscito dal congresso del 2025 confermandolo alla guida con oltre l’85% dei voti, dato che ha consolidato la linea strategica dell’autosufficienza competitiva ma aperta a cooperazioni tematiche. Anche questo è un elemento che pesa nella valutazione di FI: si dialoga con una forza politica coesa, non in transizione.

Tajani, la bussola del leader e il cantiere interno

Sul piano politico-organizzativo, la linea di FI l’ha segnata più volte il segretario e vicepremier Antonio Tajani, che in autunno ha teorizzato un modello nel quale “ogni partito indichi il proprio candidato premier”, mantenendo però il principio che il diritto di proposta spetti al partito di coalizione più votato. Un equilibrio che preserva la leadership di Giorgia Meloni e, insieme, consente a FI di presentarsi con il proprio volto di governo al proprio elettorato. È la cornice in cui leggere l’apertura ai calendiani: il perimetro valoriale non si tocca, ma si lavora a un’area più ampia e contendibile al centro.

A fare da collante c’è anche l’immagine di affidabilità che FI rivendica nell’esecutivo: nessuna fibrillazione sui ministeri-chiave e una preferenza per la continuità, ribadita dallo stesso Nevi già nella scorsa primavera. Un tratto che piace a una parte dell’elettorato moderato e alle amministrazioni locali dove gli azzurri rivendicano “crescita numerica” di adesioni.

Numeri e tendenze: dove si gioca il consenso

Se si guarda al termometro dei sondaggi diffusi nel 2025, il quadro mostra un elemento costante: Fratelli d’Italia resta primo partito, ma gli alleati di governo – FI e Lega – hanno conosciuto fasi di risalita. Nel frattempo Azione tende a collocarsi attorno alla soglia del 3–4%, in un’area contesa anche da Italia viva e dalle liste ambientaliste. Per FI, la possibilità di un partenariato organico con i calendiani assumerebbe così un valore strategico: consolidare l’area moderata e intercettare il voto “produttivo” e urbano, in particolare nei grandi centri e nelle regioni del Nord.

Naturalmente, le intenzioni di voto sono fotografiche e non prescrittive. In un sistema che consentisse la scelta del premier in scheda, la “spinta del nome” potrebbe avvantaggiare i partiti con leadership più riconoscibili; viceversa, in un impianto proporzionale con preferenze, peserebbero maggiormente radicamento locale e classe dirigente territoriale. È un’altra ragione per cui FI insiste su una regola flessibile e già sperimentata: lasciare che il vertice del governo derivi dal risultato complessivo delle alleanze, non da una designazione anticipata e plebiscitaria.

Il ruolo del premierato e i tempi parlamentari

C’è un ulteriore fattore di contesto: l’iter del premierato. Dopo il via libera del Senato nel 2024, il testo è ancora all’esame della Camera. Dagli scranni più alti di Palazzo Madama, Ignazio La Russa ha ribadito in novembre l’obiettivo di chiudere “entro la legislatura”, pur riconoscendo che l’intreccio tra riforma costituzionale e legge elettorale è tutt’altro che semplice. Traduzione: le prossime settimane diranno se il tavolo sulle regole potrà correre davvero o se l’agenda riformatrice dovrà scaglionarsi, con inevitabili ricadute sulle strategie dei partiti.

Reazioni possibili nel centrosinistra

Sul lato opposto, l’apertura di FI ad “aggregare” forze centriste non lascerà indifferente il centrosinistra. La segretaria del Pd, Elly Schlein, in primavera aveva già incalzato Calenda a “decidere da che parte stare”, segno che l’elettorato contendibile al centro è percepito come decisivo per qualsiasi schema alternativo al centrodestra. Se Azione dovesse anche solo avvicinarsi a FI su singoli dossier, il Nazareno sarà chiamato a una scelta: provare a trattenere l’area riformista in una coalizione spostata a sinistra o disegnare un’alleanza più pragmatica e contendibile nelle aree urbane e produttive.

La posta in gioco: governabilità, identità, alternativa

Dietro le formule tattiche c’è una posta in gioco molto concreta. Il centrodestra punta a garantirsi la governabilità nella prossima legislatura evitando di farsi ingabbiare da un sistema che, in caso di “campo largo” competitivo, potrebbe erodere seggi nei collegi in bilico. Il centrosinistra cerca un assetto in cui una leadership chiara non schiacci la pluralità delle forze. I centristi – FI e Azione – inseguono una rappresentanza riconoscibile dell’elettorato delle imprese, dei professionisti, della pubblica amministrazione efficiente: quel ceto medio produttivo che chiede stabilità, tasse più leggere, servizi misurabili e una collocazione internazionale salda.

In questo quadro, l’apertura di Forza Italia a “aggregare” chi condivide valori e priorità è più di un titolo. È la dichiarazione che il centro va presidiato, allargato e organizzato. Se e quando le “condizioni” matureranno – programma, regole del voto, europeismo e metodo – sapremo se le cartelline blu del Transatlantico anticipavano solo un gioco di specchi o la costruzione di un nuovo ponte nel centro italiano.