il retroscena
Forza Italia, l'idea di un "ispettore" di Tajani per «normalizzare» la Sicilia
Una «figura super partes» per dirimere la faida nell'Isola: Battilocchio il nome caldo. Mulè coordinatore della campagna per il referendum sulla Giustizia, un altro "segnale" a Schifani
Renato Schifani fra l'ombra dell'"ispettore" Alessandro Battilocchio e la fronda guidata da Giorgio Mulè
«Devo pensarci su». Quando, lo scorso fine settimana, Antonio Tajani s’è convinto di «affrontare il caso Sicilia», a qualcuno dei suoi interlocutori è venuta in testa una «soluzione di compromesso». Che non è proprio il commissariamento del partito nell’Isola, ma l’invio di «una figura super partes che possa ascoltare tutte le anime siciliane». Il leader di Forza Italia, narrano fonti romane, ha preso tempo. Ma non troppo.
E così nelle ultime ore, mentre all’Ars incombe la mozione di sfiducia a Renato Schifani, è già partito il toto-nomi: chi potrà mai essere l’“ispettore” scelto da Tajani per fare chiarezza sulla faida forzista nell’Isola? All’inizio gli identikit più in voga erano quelli del deputato lombardo Alessandro Cattaneo (con curriculum appropriato, ex capogruppo alla Camera e vicecoordinatore con delega all’organizzazione, ma ritenuto «troppo nordico») e del vicecapogruppo calabrese a Montecitorio, Francesco Cannizzaro, giudicato però «troppo vicino» al governatore Roberto Occhiuto e destinato ad altri ruoli. E allora, sfumata l’ipotesi di un pool di "saggi" siciliani (troppo coinvolti, tutti), si fa spazio l’ipotesi di Alessandro Battilocchio. Sarebbe proprio lui - romano, ma conoscitore del Sud, presidente della commissione d’inchiesta sulle Periferie - l’uomo giusto.
Per fare cosa? Per «normalizzare il partito in Sicilia», ascoltando tutti e tutto. A partire dai mal di pancia di chi contesta la «gestione feudale» in cui la leadership regionale si sovrappone al ruolo di presidente della Regione, senza però tralasciare i numeri di quella che è comunque la prima forza politica al di sotto dello Stretto. Non ancora un preavviso di sfratto per il coordinatore Marcello Caruso, segretario particolare di Schifani, né un alt al congresso regionale, ma il segnale che Forza Italia «non vuole più nascondere la polvere sotto il tappeto».
A proposito di segnali. Ieri Tajani ha nominato Giorgio Mulè (nella foto) coordinatore nazionale della campagna di Forza Italia per il “Sì” al referendum sulla Giustizia. Il vicecapogruppo alla Camera, per inciso, è il capo della fronda siciliana anti-Schifani. Dice di lui (a chiunque) il governatore: «Antonio non lo sopporta, Mulè non sarà più nemmeno ricandidato». E se il finale di questa storia fosse diverso?