Cultura e storia
A Caltanissetta un nuovo monumento dedicato a Luigi Sturzo
Il 17 novembre la cerimonia di svelamento dell'opera dedicata, dall’artista nisseno Lillo Giuliana, al sacerdote che fu fondatore del Partito popolare
Piazza Sturzo, all'incrocio tra via Kennedy e via De Gasperi
Lunedì prossimo, 17 novembre, con una breve cerimonia che comincerà alle 11, avrà luogo lo svelamento di un’opera d’arte dedicata a Luigi Sturzo nella piazzetta a lui intitolata, all’angolo tra via Kennedy e via De Gasperi. Interverranno il prefetto Licia Donatella Messina, il sindaco Walter Tesauro, il magistrato Gaspare Sturzo, pronipote di don Luigi, e il presidente dell’Associazione Sturzo di Caltanissetta, Stefano Vitello, promotrice della realizzazione. Il monumento è opera dell’artista nisseno Lillo Giuliana.
Luigi Sturzo è da oltre un secolo un punto di riferimento nel dibattito politico italiano; sacerdote con una forte vocazione al dovere dei cattolici di servire anche in politica fu fondatore del Partito popolare: il suo popolarismo si contrapponeva già un secolo fa al populismo di destra e di sinistra, che Sturzo definiva «atteggiamento politico parlaiuolo e follaiuolo».
Per Sturzo «la politica non è una cosa sporca», ma «un atto di carità del prossimo»: lavorare al bene di un paese, o di una provincia, o di una città, o di un partito, o di una classe (secondo il rango politico che uno assume) è fare del bene al prossimo riunito in uno Stato, o città, o provincia, o classe, o partito. Tutto sta nel modo di lavorare, nello scopo e nei mezzi.
E in un libro - «Coscienza e politica» - scritto nel 1953, poco tempo prima della sua morte, Sturzo riassunse questo decalogo: «E’ necessario per il politico: 1) aver cura delle piccole esigenze del singolo cittadino…; 2) la menzogna viene sempre a galla… la verità in diplomazia è un mezzo che presto o tardi produce i suoi effetti inestimabili di comprensione, fiducia, simpatia, solidarietà; 3) L’arte della politica educa a dire quel che è necessario…; 4) rigetta ogni proposta che tenda all’inosservanza della legge per un presunto vantaggio politico ; 5) non impegnarsi senza avere formata la convinzione di poter mantenere l’impegno preso; 6) non coprire le malefatte dei tuoi dipendenti; 7) non pensare di essere l’uomo indispensabile; 8) dei tuoi collaboratori fai degli amici; mai dei favoriti; 9) chi è troppo attaccato al denaro non faccia l’uomo politico, né aspiri a posti di governo; 10) fare ogni sera l’esame di coscienza è buon sistema anche per l’uomo politico».
Fondatore del Partito popolare, Sturzo ne sosteneva però l’aconfessionalità: i cristiani chiamati all’agone politico, peraltro dentro un partito anch’esso d’ispirazione cristiana, rimangono consapevolmente e convintamente tali, ma senza divise, senza etichette, senza distintivi, senza bandiere, parlando la stessa lingua degli altri soggetti politici, incontrandoli cioè sul loro stesso campo d’azione, nelle scuole, nelle fabbriche, in tutti i luoghi di lavoro, nei consigli comunali e in Parlamento. L’aconfessionalità sturziana, perciò, non era sospensione dell’atto di fede, né tanto meno rinuncia al vangelo, che don Sturzo intendeva portarsi sempre dentro il petto, come disse nel 1918, magari sgranando nel frattempo - da buon prete di quell’epoca - il rosario con la mano destra infilata nella tasca della tonaca, ma senza rinunciare a portare stretto sotto l’ascella il giornale con tutto lo spessore «secolare» raccontato nelle sue pagine. L’aconfessionalità doveva essere, semmai, una nuova postura e una nuova presa di posizione dei credenti impegnati in politica: non più rintanati nel tempio o nei suoi paraggi (le famigerate sagrestie), ma sospinti in piazza e, quindi, in seno alla città degli uomini.