L’intervista
Schifani caccia Cuffaro dal governo. «Ho rimosso un “sistema-partito”. Ecco perché non mollo»
«Sulla Dc atto dovuto, irrinunciabile e inevitabile. Né azzeramento della giunta, né voto anticipato “modello Occhiuto”. È il momento più difficile della mia vita. Non ho più sentito Cuffaro»
Presidente Schifani, perché ha deciso di mettere fuori la Dc di Cuffaro dal governo regionale?
«La revoca degli assessori della Dc è un atto dovuto, irrinunciabile e inevitabile. Si tratta di una scelta di carattere esclusivamente politico, fondata sull’incompatibilità della presenza di un partito che ha il fondatore e il capogruppo indagati per fatti che, al di là degli sviluppi processuali, hanno già oggi una loro pregnanza. Oggi la presenza della Dc in giunta confligge con i principi fondamentali di trasparenza che il mio governo si è sempre imposto».
La rottura con la Dc non è arrivata subito. Una scelta sofferta?
«Ho atteso qualche giorno prima di arrivare a questa decisione dolorosa, ma ritengo che sia un imperativo categorico, non derogabile per me, imporre questa linea a tutela anche di quasi 900mila siciliani che mi hanno voluto presidente della Regione».
Ha avvertito Cuffaro?
«Con lui non ci siamo più sentiti. Ho avvisato il coordinatore regionale Cirillo e naturalmente gli assessori Albano e Messina, così come tutti gli alleati».
Come hanno reagito gli altri alleati del centrodestra alla linea dura?
«Dai messaggi che sto ricevendo ritengo di avere interpretato bene le loro preoccupazioni. Per molti, questa mia decisione è vissuta come la fine di una strada senza uscita».
Ha deciso di tenere l’interim dei due assessorati. Fino a quando?
«Almeno fino alla manovra di fine anno. Dobbiamo essere tutti concentrati su questo obiettivo, non possiamo concederci distrazioni. Seguirò la finanziaria da vicino: le risorse saranno utilizzate in maniera virtuosa. È una manovra che piace già alle imprese e sono certo che piacerà molto anche alle famiglie e soprattutto ai nostri giovani».
Questo significa che non ci sarà l’azzeramento della giunta auspicato da Lombardo?
«Non ho mai preso in esame l'ipotesi di azzeramento, sarebbe stato penalizzare chi stava lavorando bene. Io sono per la continuità all'azione di questo esecutivo che sta operando con risultati che sono sotto gli occhi di tutti».
Va da sé che di dimissioni non se ne parla nemmeno.
«Non ho mai preso in considerazione l'idea di abbandonare perché sono un uomo che si è assunto le proprie responsabilità quando ha avuto dei ruoli. Ho svolto il ruolo di presidente del Senato con responsabilità e terzietà, quello di capogruppo per otto anni, sostenendo lealmente il governo Berlusconi, e lavorando dall’opposizione con correttezza per contribuire alla caduta di Prodi. Tutto ciò l'ho portato avanti sempre con convinzione, non guardando mai a quale premio ci fosse dietro l'angolo. Sono una persona che quando assume un impegno lo svolge fino in fondo. Magari può anche commettere errori, ma lo fa con senso di responsabilità e determinazione fermissima. E il giusto riserbo istituzionale quando necessario».
Ma non la stuzzica nemmeno il “modello Occhiuto” sussurrato da qualche alleato? Dimissioni-lampo e ricandidatura...
«Lo escludo. Non vedo i motivi per cui dovrei portare i siciliani al voto, causando un'incomprensibile assenza di guida della Regione Siciliana esclusivamente per un fatto personale. Io sono una persona responsabile, fin quando ho una maggioranza vado avanti: se dovessi perderla, ne prenderei atto».
A proposito: la Dc esce dal governo, ma di fatto esce dalla maggioranza. Non teme sulla tenuta della maggioranza all’Ars?
«Dal momento in cui gli assessori escono dalla giunta, il rapporto con la Democrazia cristiana si interrompe. Fermo restando che io ho auspicato pubblicamente che i deputati, che conosco e che ho anche ringraziato pubblicamente per loro lealtà, possano continuare a votare i provvedimenti del governo».
Il comunicato stampa della Dc secondo lei lascia intendere questo?
«Sì, l'ho letto con interesse».
Si aprirà una porticina d’emergenza per l’ingresso di De Luca nella maggioranza?
«No, sono percorsi separati. Cateno De Luca sta all'opposizione, si confronta con il governo quando pone esigenze tecniche di territorio, trovando un governo che opera senza pregiudizio nei confronti dell'opposizione».
Oggi, politicamente, sta pagando la Dc. Ma nel centrodestra c’è una questione morale che tocca quasi tutti. Il sistema Cuffaro è il sistema della Regione che lei amministra?
«No. L’inchiesta coinvolge direttamente i vertici del partito e il suo fondatore, ipotizzando l'esistenza di un sistema di gestione finalizzato a commettere reati».
Per estremizzare: lei in giunta ha anche l’assessora meloniana Amata, indagata per corruzione, e il vicepresidente leghista Sammartino a processo per corruzione. Perché due pesi e due misure?
«Ripeto: alla Dc vengono contestati reati di un “sistema partito” nei confronti dei cui vertici è stato richiesto l'arresto a causa della gravità degli elementi di accusa raccolti. Gli altri sono comportamenti che fanno riferimento ai singoli assessori. Si tratta, quindi, di due livelli completamente distinti».
Quest’inchiesta, dopo tante altre, fotografa una sanità siciliana prigioniera di corruzione e malaffare.
«Nel diritto penale la responsabilità è soggettiva per cui parlare di un intero sistema corrotto è palesemente sbagliato».
E sulle liste di attesa cosa ci dice?
«Sono stati fatti dei progressi. E comunque, gli ultimi direttori generali nominati dalla giunta hanno visto inserita nei loro contratti, per mia stessa volontà, la valutazione del loro operato sulle liste d'attesa, pena la decadenza in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi. Ho sollecitato l’assessore Faraoni di farmi avere entro l'anno il rapporto valutativo su tutti i manager. Il segnale è chiaro: chi sbaglia paga. E dalla sanità emergono anche spunti positivi come l’aggiudicazione, dopo oltre dieci anni d’attesa, della gara per il Polo pediatrico di Palermo, una struttura d’eccellenza».
Questa è comunque la più pesante crisi che il suo governo si trova ad affrontare. Da dove ripartirà?
«Io, a dire il vero, non mi sono mai fermato. Quando è scoppiato il caso ero a Bruxelles per incontrare la commissaria europea all’Ambiente su termovalorizzatori e piano rifiuti, con un riscontro positivo al nostro dossier. E domani (oggi per chi legge, ndr) sarò a Roma dal ministro Urso per difendere il futuro dei lavoratori della Cargill di Messina e del Telecontact Center, del guppo Tim, di Caltanissetta e parlare dei fondi Step. Io continuo a lavorare».
A Roma ne approfitterà per incontrare qualche leader nazionale? Magari quello del suo partito...
«No, io sono in continuo contatto con Tajani, con cui il rapporto è strutturato: l’ho tenuto sempre informato sull’andamento della situazione siciliana. Non sono previsti incontri con altri partiti».
Le è arrivato il nervosismo della premier Meloni?
«Assolutamente no. Ho un ottimo rapporto con Giorgia Meloni, non mi è arrivato alcun segnale».
Calenda chiede il commissariamento della Regione, Schlein le sue dimissioni.
«Siamo in democrazia, ognuno può esprimere le proprie opinioni purché non si travalichi nelle offese gratuite a un'intera popolazione. “Commissariare la Sicilia” è uno slogan che ci offende al di là della sua palese impraticabilità costituzionale. Alle opposizioni che continuano a urlare, basta ricordare che in questi anni non è mai arrivata una controproposta, un programma alternativo di governo. Sono come Prodi... e sappiamo com’è andata a finire. Io rispondo con il lavoro, con i fatti. Anche oggi (ieri per il lettore, ndr) è arrivata l’ennesima conferma, dai dati di Bankitalia, che il mio governo sta dando risposte ai siciliani. Sono tutti risultati misurabili: aumento del Pil, entrate extra, più occupazione, crescita delle imprese, il totale risanamento dei conti, in prosecuzione con l’azione avviata da Musumeci...».
Ma allora perché la sua maggioranza continua a farsi del male?
«Ha centrato il punto. È per questo che sarebbe un sacrilegio, una pazzia, staccare la spina a questo governo. Significherebbe pregiudicare un momento magico che sta vivendo la Sicilia. Perciò vado avanti: rispetto il mio impegno con i siciliani».
Non abbiamo affrontato l’aspetto per lei più doloroso di questa vicenda: quello umano. Dalle intercettazioni emergono trame e giudizi pesanti alle sue spalle.
«Devo confidarle che in questi giorni non è che abbia dormito moltissimo. Ma io mi conosco: nei momenti di grandissima tensione, il mio carattere mi porta a essere fortemente concentrato e a caricare adrenalina. Oggi (ieri, ndr) si chiude una fase del mio governo. Non ho parlato, ma non posso negare che è stato uno dei momenti più complicati della mia vita politica. E anche sotto il profilo umano. Mi sono trovato dentro un mondo che non era il mio. Ma nei momenti di difficoltà riesco a dare il meglio di me stesso, per poi magari riposarmi quando ne ho bisogno».
Riposerà un po’ adesso?
«Non c’è tempo. Devo fare il presidente della Regione. Al meglio».