CORRUZIONE E POLITICA
Regione siciliana, Schifani e l'ultimo scandalo: il governatore tentato dal passo indietro «ma nulla sarà più come prima»
L'amarezza per il quadro politico (e umano) che emerge dall'inchiesta di Palermo, ma per il presidente smbra affidarsi al motto: «Avanti anche quando sembra inutile»
Ma Renato Schifani che dice? Niente, ufficialmente. Dopo la stringata nota di circostanza, smozzicata martedì mattina, il presidente della Regione s’è chiuso nel silenzio. È a Bruxelles, dove oggi incontrerà alcuni vertici della Commissione Ue per sbloccare le perplessità emerse su Piano rifiuti e termovalorizzatori.
Una distanza che è allo stesso tempo una condanna, nel day after dell’inchiesta di Palermo che ha colpito al cuore il suo governo, ma anche una liberazione. Schifani non parla, ma legge la raffica di articoli web che spulciano ogni foglio dell’informativa descrivendo un quadro di squallore umano, prima ancora che politico o giudiziario. In quelle carte scorre la narrazione di una maggioranza popolata di cortigiani dalla doppia faccia. Adulatori ma anche traditori, alleati di ferro ma anche cospiratori, dirigenti di fiducia ma anche mazzettari.
Non parla, Schifani. Ma lascia un indizio della sua «profonda amarezza» (anche per il “fuoco amico” forzista) sullo stato di WhatsApp. «Vai sempre avanti anche quando pensi che sia inutile». Una frase che Schifani, anni fa, lesse in un braccialetto prodotto dai ragazzi di una comunità di recupero per tossicodipendenti alle Egadi. Un motto che, nell’interminabile giornata a Bruxelles, serve per esorcizzare una tentazione. Quella di mollare. E così alle pochissime persone a cui risponde al telefono il governatore confida «le tante domande che mi sto ponendo in silenzio».
Da un lato i risultati che ritiene di aver ottenuto (dal risanamento dei conti al «cambiamento epocale nel sistema dei rifiuti») dall’altro la corruzione che corrode dall’interno l’azione del suo governo, «proprio quando ho deciso di affidare a Invitalia, guidata da Bernardo Mattarella, la gestione dei grandi appalti in Sicilia». Arrendersi o restare alla guida di «una terra che sembra irredimibile»? Schifani ai suoi fedelissimi confida che «ogni giorno» gli sembra «una sfida epocale forse più grande delle mie forze», ma in serata torna il motto, «avanti anche quando sembra inutile», fin quando «ne avrò le forze fisiche e mentali», consapevole che «anche per me il tempo è tiranno».
A Palermo lo aspetta una coalizione ridotta a brandelli. Ai veleni non ancora smaltiti, si aggiunge il peso politico di un’inchiesta giudiziaria che mostra una Regione contagiata dalla corruzione, con le intercettazioni che raccontano trame e faide fra alleati. Oggi Schifani non sarà presente al vertice di maggioranza che alcuni partiti avrebbero volentieri rimandato, ma che l’asse Fdi-Mpa ha preteso (e ottenuto) fosse confermato. Il clima sarà tetro, ci si guarderà in cagnesco, magari qualcuno si spingerà a chiedere «un azzeramento della giunta». Poi si parlerà della manovra regionale, che potrebbe diventare la vittima sacrificale di una guerra fra bande. Il presidente non ci sarà. Ma ha già fatto sapere che «un cambiamento è necessario». E che, soprattutto, dopo quest’ultimo scandalo «nulla potrà restare come prima». Sul piano politico. E anche su quello umano.