Le liti intestine
Catania, Trantino rimanda ancora il rimpastino della giunta: gelo in consiglio comunale
Il sindaco vorrebbe tempo fino a dicembre e da domani in aula consiliare potrebbero esplodere le tensioni

«Non passa più niente». L’ordine di scuderia - di diverse scuderie - è questo: d’ora in poi il consiglio comunale di Catania deve essere fermo. Ingessato finché Enrico Trantino non sarà, sempre nella visione dei partiti, “rinsavito”. Perché sembra che il sindaco - da ieri ci si attendeva che potesse fare il rimpastino di giunta - abbia comunicato la sua intenzione di rimandare tutto fino a dicembre 2025, o gennaio 2026. L’intenzione di Trantino sarebbe di arrivare all’approvazione del bilancio comunale attorniato dalla sua squadra, prima di cambiare qualche cavallo. “Una scusa”, liquida la questione chi la pazienza l’ha persa molti mesi fa.
Il sindaco avrebbe comunicato la sua decisione di prendere ulteriore tempo a margine di “Patrioti in Comune”, la kermesse targata Fratelli d’Italia per celebrare le buone pratiche. Eppure le attese lodi sperticate nei confronti dell’amministrazione Trantino, unica FdI in una città metropolitana, non ci sono state. Il ministro della Protezione civile Nello Musumeci ha detto: «Enrico ha un carattere che forse non piace a tutti, ma un carattere ce l’ha e lo rende indipendente e autonomo». In quel «carattere che non piace a tutti» gli analisti hanno letto i segni delle tensioni interne e dell’accerchiamento cui il primo cittadino è sottoposto per quei benedetti assessorati.
Fuori il vicesindaco Paolo La Greca (a proposito: della ricerca di un «esperto del sindaco» in materia di Piano urbanistico generale non si sa nulla, e i termini per la presentazione delle candidature sono scaduti dieci giorni fa), i meloniani si aspettavano di vedere in fretta liberarsi anche la casella dell’assessore ai Lavori pubblici Sergio Parisi. E lui, pochi giorni fa, aveva confermato a questa testata che sarebbe andato via «presto», anche perché sono anni che ricopre l’incarico: è lì dai tempi della giunta di Salvo Pogliese. Ma quel «presto» sembra essersi allungato per l’ennesima volta. A spese di Daniele Bottino, consigliere di FdI che dovrebbe subentrare in giunta; e di Luca Sangiorgio, ex consigliere e coordinatore cittadino del partito, cui l’assessorato spettava per promessa pre-elettorale. A certificare l’insoddisfazione generalizzata c’è anche un altro meloniano, Tuccio Tringale, da sempre in prima linea per il suo quartiere, San Cristoforo. Contestando i progetti del «decreto Caivano», Tringale scrive su Facebook: «Le opere in corso appaiono iniziative che avrebbero potuto essere finanziate attraverso altre misure, come i fondi Pnrr, piuttosto che gravare su un progetto pensato per esigenze più urgenti e specifiche».
Se non si muovono le nomine di FdI, non si muove niente nemmeno per gli altri partiti. Così Serena Spoto, consigliera autonomista che dovrebbe essere promossa ai Servizi sociali, ancora aspetta. Così come Carmelo Coppolino, quota Mpa pure lui, cui dovrebbe andare il posto di Alessandro Porto. Se i lombardiani non hanno ancora protestato platealmente per i ritardi del sindaco, è perché aspettano che lo facciano altri: la destra ha già l’acqua in casa, perché spostare l’attenzione?
Ad aggiungere braci sul fuoco del partito di Meloni è di recente anche il deputato regionale Dario Daidone, che sarebbe intervenuto nella partita assessoriale. In particolare chiedendo che Bottino, in occasione dell’ingresso in giunta, si dimetta dal senato cittadino. Così da fare spazio al primo dei non eletti della lista, l’ex consigliere Santo Russo, che a lui (cioè a Daidone) fa riferimento.
Per domani sera il piatto delle delibere a Palazzo degli Elefanti è ricco: una variazione di bilancio (più soldi in entrata) per i buoni libro; l’approvazione del regolamento per l’imposta di soggiorno; un elenco di debiti fuori bilancio. Se il centrodestra manterrà la parola, sarà l’inizio delle tensioni.