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Il ddl Valditara

Educazione sessuale vietata nelle scuole, gli psicologi siciliani: «Preoccupati, troppi pregiudizi e falsi miti»

Nove ordini regionali hanno chiesto al ministro Valditara di essere auditi e di modificare il disegno di legge presentato dalla maggioranza. La presidente degli psicologi di Sicilia spiega i rischi della norma

Salvo Catalano

21 Ottobre 2025, 15:21

scuola classe

Educazione sessuale vietata alle scuole elementari e medie. E alle superiori possibile solo dopo aver fatto visionare tutto il materiale alle famiglie. È questo il cuore del disegno di legge presentato dal ministro all'Istruzione Valditara ed emendato in senso ancora più stringente dalla Lega. Misure che allarmano gli psicologi di tutta Italia.

Nove ordini regionali, compreso quello siciliano, hanno scritto al ministro chiedendo di essere auditi. «C’è molta preoccupazione per le possibili conseguenze dell’attuazione di questo decreto - spiega Enza Zarcone, presidente dell'Ordine degli psicologi di Sicilia - L’educazione sessuale non è una questione morale, ma di salute pubblica. Un’educazione sessuale affettiva adeguata all’età contribuisce a promuovere comportamenti relazionali sani e a prevenire fenomeni di bullismo, violenza di genere e un uso distorto dei media digitali, a rafforzare le competenze emotive e sociali dei bambini e delle bambine e degli adolescenti».

Sul tema prevalgono ancora ignoranza, pregiudizi e falsi miti. «Il più frequente? Molti genitori pensano che parlando a scuola di sessualità induciamo i loro figli a fare sesso. C'è l'illusione che a 14 anni siano candidi. Non è così, l'età dei primi rapporti sessuali si è abbassata. Alle medie sono attivi sessualmente. Posticipare questi temi è pericoloso, perché i ragazzi si informano in maniera alternativa e non adeguata: su internet, parlando tra di loro, con la pornografia. I genitori spesso preferiscono non saperlo. Oppure qualcuno si indigna perché parlare di contraccezione sarebbe come autorizzare alla sessualità fuori dal matrimonio».

Altro grande fantasma che aleggia sull'educazione sessuale è quello del genere. «Molti si rifiutano perché hanno il pregiudizio dell'ideologia - spiega Zarcone - In realtà non si inculca niente. Le questioni di genere vengono fuori dai ragazzi, è inevitabile affrontarle, sempre in maniera scientifica. Abbiamo un codice deontologico che ci impone, rifacendosi alla Costituzione, il rispetto di tutti gli orientamenti. Si chiama senso di realtà, non teoria di genere. Non c'è nulla da riparare, ma dobbiamo accogliere per evitare sofferenze e derive patologiche. Molti soffrono a non riconoscersi nel proprio corpo e questo porta discriminazione, chiusura e malessere».

Altro punto contestato del ddl Valditara sta nell'affidare la responsabilità di svolgere le lezioni sulla sessualità agli insegnanti. Escludendo psicologi, ginecologi, esperti. «Gli insegnanti - sottolinea Zarcone - possono avere la buona volontà, ma non hanno competenze specifiche per tematiche che richiedono diverse figure professionali, che su questo hanno studiato e fatto ricerca». Così facendo si traviserebbe il senso dell'articolo 30 della Costituzione che attribuisce alle famiglie il primato educativo. «Primato educativo non significa che la famiglia possieda già tutti gli strumenti e le competenze per esercitare questo diritto/dovere, ma che nell’attuarlo si possa e debba appoggiarsi ad altre agenzie educative e formative».

Le nuove generazioni hanno maggiore difficoltà nella gestione e nell'espressione delle emozioni. «Educare sin da piccoli a dare un nome alle emozioni, a non tradurre tutto in rabbia è molto importante, così come un'educazione all'uso dei media e del cellulare. Per prevenire bullismo e violenza di genere gli stereotipi vanno smontati da piccoli». Un ruolo fondamentale dovrebbero svolgere le famiglie «che vanno coinvolte, ma non facendo visionare prima il materiale perché spesso anche ai genitori mancano le adeguate competenze. Vanno accompagnati a capire che per certi argomenti servono gli esperti».

Un rapporto Unesco del 2023 documenta che su 50 Paesi, il 20 per cento ha inserito l'educazione sessuale nei programmi scolastici in maniera strutturale. E un altro 39 per cento prevede percorsi extra curriculari. L'Italia rimane in fondo alla classifica insieme a Bulgaria e Romania.

Nei giorni scorsi in Sicilia il Partito democratico ha chiesto che la Regione si muova autonomamente dal governo nazionale e ha presentato un ddl apposito. «È una strada possibile - conferma la presidente degli psicologi - La nostra regione ha già varato una legge sullo psicologo delle cure primarie che sta funzionando. Allo stesso modo potrebbe avviare percorsi di educazione alla sessualità nelle scuole. Finora avviene a macchia di leopardo, grazie a presidi o insegnanti illuminati e sempre previo consenso delle famiglie. Ma non può bastare».