Il caso politico
Meloni «cortigiana»: scoppia lo scontro fra la premier e Landini (che però subito precisa)
Ed è proprio la presidente del consiglio a scatenare il dibattito sui social, pubblicando la definizione da dizionario di cortigiana, che in senso figurato, e non come primo significato, riporta «prostituta».

Giorgia Meloni una «cortigiana». E la corte è quella di Donald Trump. E’ bufera sulle parole pronunciate - e per la verità subito precisate - da Maurizio Landini in tv nei confronti della presidente del Consiglio. Che usa un termine «sessista» come gli viene subito fatto notare in trasmissione e come oggi gli contesta tutta la maggioranza. Ed è proprio la premier - nelle ore in cui è impegnata a Palazzo Chigi a chiudere la manovra - a scatenare il dibattito sui social, pubblicando la definizione da dizionario di cortigiana, che in senso figurato, e non come primo significato, riporta «prostituta». Parole, accusa, utilizzate da chi «è obnubilato da un rancore montante». Quando la sinistra non ha argomenti, affonda ancora la premier a distanza di due giorni dalla trasmissione tv, «per criticare una donna le dà della prostituta».
Nessuna offesa sessista ma «un giudizio politico», ribatte Landini, con una nota che non basta a fermare le polemiche. Anche perché dal leader della Cgil non arrivano scuse per la scelta, quantomeno infelice, del vocabolo incriminato.
Il palco è quello di ‘di Martedì’, ed è il giorno dopo la firma degli accordi di pace per Gaza di Sharm el Sheik. Appena accolto Landini, il programma fa riascoltare alcune delle parole della premier pronunciate sul sindacato nelle ultime settimane, e in particolare un passaggio dal palco del comizio del centrodestra prima delle regionali in Toscana, sul fatto che lo sciopero generale, «in Palestina non cambia niente e in compenso in Italia gli italiani hanno un sacco di problemi e particolarmente ce l’hanno i lavoratori che il sindacato dovrebbe difendere». Il segretario della Cgil replica che gli italiani in piazza sono scesi «per difendere l’onore dell’Italia» a differenza di «Meloni che si è limitata a fare la cortigiana di Trump e non ha mosso un dito». Scelta, quella del termine cortigiana, che è «in qualche modo sessista» come sottolinea in diretta lo stesso conduttore Giovanni Floris. Tanto che Landini precisa: volevo dire «stare alla corte di Trump, essere la portaborse di Trump». La stessa cosa che ribadisce dopo essere stato sommerso da una batteria di dichiarazioni piene di indignazione e solidarietà a Meloni.
«Ho immediatamente chiarito cosa intendevo dire per evitare qualsiasi fraintendimento o strumentalizzazione» recita la nota con la quale però non arrivano quelle scuse richieste non solo dal centrodestra, ma anche dall’ala riformista del Pd. Nemmeno Elly Schlein, chiamata in causa dagli esponenti della maggioranza, si esprime sul punto, pure interpellata dai cronisti che la aspettano alla fine di un convegno proprio su "Donne, diritti e violenza maschile» al Senato.
Quello del segretario della Cgil è un «linguaggio volgare e sessista che dimostra l’incapacità di certi uomini ad avviare un cambiamento culturale affinché la donna sia più considerata come un essere inferiore», dice il vicepremier Antonio Tajani mentre per Guido Crosetto, Landini «confonde la libertà di espressione con la libertà di insulto». Si tratta di «parole da osteria» che offendono pure «la storia del sindacato», rincara la dose la sottosegretaria Wanda Ferro mentre pure Carlo Calenda invita Landini a «cambiare registro» e a occuparsi «di Stellantis, Ilva o bollette», perché «non è con gli insulti che la sinistra batterà la destra».