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la rivelazione

“Navi fantasma” e occhi del Cremlino: come la flotta ombra russa sonda l’Europa mentre trasporta petrolio

Le carte che non dovrebbero esistere, i nomi messi “in fondo alla lista”, e un’economia di guerra alimentata da centinaia di petroliere: l’inchiesta che lega la flotta ombra a operazioni di spionaggio in acque europee, tra nuovi strumenti di controllo, falle normative e rischi ambientali

Fabio Russello

18 Dicembre 2025, 19:43

“Navi fantasma” e occhi del Cremlino: come la flotta ombra russa sonda l’Europa mentre trasporta petrolio

Una lista equipaggio, due nomi russi aggiunti “in fondo”, passaporti annotati con cura e nessuna spiegazione. È il dettaglio apparentemente minore — burocratico, quasi noioso — che ha acceso l’allarme nelle capitali europee. Secondo fonti d’intelligence citate da Cnn e rilanciate dall'Ansa, personale legato ai servizi militari e di sicurezza russi avrebbe operato attività di spionaggio in acque europee viaggiando a bordo delle petroliere della cosiddetta flotta ombra, il convoglio di navi che continua a traghettare il greggio russo dai porti del Baltico e del Mar Nero nonostante sanzioni e price cap. In alcuni casi, documenti di bordo mostrano equipaggi prevalentemente non russi con l’aggiunta, in coda, di nominativi russi completi di estremi di passaporto: una prassi che, secondo le fonti, segnala la presenza di figure con background nella sicurezza e nell’intelligence.

Cosa c’è dietro quelle due righe in più

Il dato delle “liste in coda” non è isolato. Le stesse fonti indicano che diversi di questi uomini lavorerebbero per Moran Security Group, una società russa privata attiva nella sicurezza armata, con legami — secondo valutazioni occidentali — con apparati militari e d’intelligence. Il Dipartimento del Tesoro USA ha sanzionato la società nel 2024, annotando che Moran “offre servizi di sicurezza armata e ha operato su contratto per imprese statali russe”; il 12 giugno 2024 la società è esplicitamente elencata in un pacchetto di misure volte a colpire l’infrastruttura economica della guerra russa.

Se confermata in via operativa, l’infiltrazione di personale di sicurezza a bordo delle petroliere trasformerebbe navi commerciali in piattaforme dual use: trasporto di energia e raccolta di informazioni sensibili su rotte, porti, coste, infrastrutture, tempi di risposta delle guardie costiere. Un moltiplicatore perfetto per la guerra ibrida, tanto più in aree dense di cavi sottomarini, condotte e corridoi energetici.

La “flotta ombra”: dimensioni, rotte, tecniche

Quello che chiamiamo flotta ombra non è un’unica flotta con un singolo proprietario. È un ecosistema di centinaia — secondo alcune stime addirittura oltre 900petroliere vecchie, spesso assicurate in modo opaco e registrate sotto bandiere di comodo, che praticano trasbordi in mare e manipolazioni dell’AIS (Automatic Identification System) per aggirare sanzioni e price cap sul petrolio russo. Valutazioni indipendenti di S&P Global indicavano a settembre 2025 un perimetro di circa 978 navi coinvolte in traffici “illiciti”, pari a quasi il 19% della capacità mondiale di tanker; stime diverse oscillano tra 400 e oltre 1.000 unità, segno di una realtà per definizione sfuggente e dinamica.

Sul piano operativo, gli stratagemmi sono relativamente ripetitivi ma efficaci: navi che spengono l’AIS in prossimità di “choke point” europei, cambiano la tipologia dichiarata del mezzo, trasmettono posizioni statiche fittizie mentre si dirigono a un punto di ship-to-ship transfer offshore, oppure effettuano trasbordi notturni per miscelare origini diverse del carico. Analisi tecniche raccolte dal World Ports Organization e da testate specializzate descrivono con dettaglio queste prassi, che complicano controlli, attribuzione e responsabilità.

Le rotte principali partono da Ust-Luga e Primorsk nel Baltico, da Novorossijsk nel Mar Nero, quindi risalgono il Golfo di Finlandia e attraversano Stretti danesi e Manica, oppure entrano nel Mediterraneo per poi puntare su Turchia, India, Cina e altri acquirenti extra-G7. Il Baltico è oggi il vero collo di bottiglia europeo: “ci sono centinaia di navi in movimento continuo” avvertono le autorità svedesi, che segnalano anche avvistamenti di personale armato a bordo di unità legate alla flotta ombra.

Quando il rischio economico diventa rischio strategico

Per Mosca, la flotta ombra è una valvola di sfogo essenziale: consente di mantenere flussi di entrate dal greggio nonostante sanzioni e tetto al prezzo. Alcune stime attribuiscono a questo canale il trasporto di oltre il 50-80% del greggio russo via mare in diversi periodi del 2024-2025, con oscillazioni dovute a enforcement e stagionalità. L’UE ha progressivamente esteso le sanzioni, puntando ora anche su ispezioni e port access ban per singole navi. Il 15 dicembre 2025, i ministri degli Esteri dei 27 hanno colpito nove facilitatori della flotta ombra (tra individui ed entità), mentre il 18 dicembre 2025 Bruxelles ha aggiunto altre 41 navi alla blacklist, portando a circa 600 il numero di unità bandite da servizi e porti dell’Unione. È il 19° pacchetto sanzionatorio legato alla guerra.

Questa stretta arriva dopo mesi di dibattito su come “riportare alla luce” un fenomeno tanto vasto quanto legalmente sfuggente. Un filone di indagini giornalistiche europee — premiato con il Daphne Caruana Galizia Prize 2025 del Parlamento europeo — ha documentato come armatori occidentali abbiano ceduto negli ultimi anni oltre 230 vecchie petroliere a operatori legati a traffici sanzionati, alimentando un mercato parallelo di navi “a fine corsa” e poco assicurabili.

Sicurezza marittima e infrastrutture: il fronte “grigio”

L’ipotesi di spionaggio a bordo di petroliere si inserisce in un quadro più ampio di rischi per le infrastrutture critiche europee. Nel Baltico si è già visto come un presunto “trascinamento d’ancora” possa recidere cavi e interconnessioni elettriche: l’episodio del cavo Estlink 2 tra Finlandia ed Estonia ha spinto Helsinki a sequestrare la nave russa collegata all’incidente, la Eagle S, innescando un contenzioso che ha accelerato le discussioni europee su ispezioni, sequestri e nuove basi giuridiche per l’interdizione.

Il tema è talmente sensibile che la Joint Expeditionary Force (JEF) guidata dal Regno Unito ha attivato all’inizio del 2025 un sistema di sorveglianza con intelligenza artificiale per monitorare rischi alla sottosuperficie e i movimenti della flotta ombra su 22 aree tra Manica, Mare del Nord, Kattegat e Baltico. L’obiettivo: incrociare AIS, dati satellitari, tipologie di carico e comportamenti anomali per lanciare allerta rapide ai partner e, se necessario, seguire in tempo reale le unità “a rischio”.

Le prove, i dubbi, le cautele

Il tassello nuovo, emerso grazie ai documenti visionati da Cnn, riguarda l’identità di alcuni membri degli equipaggi e la loro funzione a bordo. Le due liste di equipaggio esaminate mostrano personale non russo con l’aggiunta finale di due nomi russi completi di estremi di passaporto. È un indizio, non una prova giudiziaria, ma per gli apparati di sicurezza europei è una firma comportamentale coerente con la costruzione di coperture in ambito marittimo. La riconducibilità di alcuni di questi individui a Moran Security Group — società sanzionata dagli USA nel 2024 — rafforza il quadro, pur lasciando spazio a margini d’incertezza fisiologici su singoli ruoli e catene di comando.

Non è sfuggito agli analisti che negli ultimi mesi anche le marine nordiche segnalano presenze armate a bordo di unità legate alla flotta ombra. Le autorità svedesi hanno parlato apertamente di una postura navale russa “più permanente e visibile” nel Baltico e nel Golfo di Finlandia, dove la Baltic Fleet appare impegnata in una sorta di pattugliamento “a sostegno” del traffico energetico. Anche qui, il confine tra sicurezza privata e proiezione militare resta sottile.

Quanti sono, davvero?

I numeri sono il nervo scoperto del fenomeno. Ogni stima dipende da definizioni diverse di “flotta ombra” (appartenenza, età della nave, assicurazione, bandiera, pattern operativi). Per S&P Global, a settembre 2025 le unità impegnate in traffici “illiciti” sfiorano le 978, circa il 18,5% della flotta mondiale; per CREA e altre fonti, la porzione oscilla — a seconda dei mesi — tra 600 e oltre 1.000 unità, con punte fino al 17% dell’intera capacità mondiale di tanker. Alcune analisi giornalistiche stimano che fino a l’80% del greggio russo viaggi su navi fuori dal controllo G7. La forbice riflette la natura adattiva del sistema: le navi entrano ed escono dalla definizione a seconda delle rotte, del carico, delle bandiere e dei servizi assicurativi dichiarati.

Quel che è certo è la risposta europea: liste di vessels sanzionati crescenti, ispezioni più fitte, tentativi di armonizzazione tra UE, Regno Unito, USA e partner del G7. Dopo il pacchetto del 15 dicembre 2025, l’UE ha infine allineato oggi — 18 dicembre 2025 — l’elenco a circa 600 navi colpite da divieti di scalo e servizi, nel quadro di un pacchetto che include anche individui ed enti accusati di facilitare l’elusione.

Denaro, petrolio e responsabilità ambientale

La flotta ombra non è solo un asset strategico: è anche una economia che muove miliardi. Inchieste internazionali hanno ricostruito come armatori di USA ed Europa abbiano incassato oltre 6 miliardi di dollari cedendo almeno 230 petroliere anziane verso il circuito opaco della flotta ombra; una parte di queste navi, altrimenti prossime alla demolizione, ha cambiato bandiera, assicuratore e gestore per proseguire la carriera in scenari ad alto rischio.

Il rischio, oggi più che mai, è anche ambientale. Nel Baltico, mare semichiuso e delicatissimo, autorità e guardie costiere avvertono che “basterebbe un incidente” per scatenare una catastrofe. Indagini giornalistiche e rapporti tecnici collegano parte della flotta ombra a sversamenti e perdite in acque europee; il punto dolente è l’assicurazione: molte navi operano fuori dalla copertura dei grandi P&I Clubs dell’International Group, rendendo complicatissima la riparazione dei danni se qualcosa va storto.

L’ombra lunga dell’intelligence

La possibile presenza di personale con competenze militari su petroliere che incrociano quotidianamente in prossimità di porti, terminals, cavi, pipeline e snodi logistici europei è, di per sé, un fattore di preoccupazione strategica. Anche in assenza di “prove finali” su singoli episodi, la combinazione di coperture (equipaggi internazionali con innesti russi in calce), opacità proprietaria (società schermo in UAE, Vietnam, Seychelles), rotte ripetitive e tecniche evasive (AIS, trasbordi) fornisce quel minimo comune denominatore che fa scattare i protocolli di early warning in NATO e UE.

La domanda, a questo punto, è come risponde l’Europa. La linea che emerge è selettiva e tecnologica: più blacklist mirate, più scambio dati tra marinas, più analytics su movimenti, cargo, bandiere, scali. L’ambizione è passare dalla “caccia alla talpa” a una sorveglianza predittiva capace di individuare i comportamenti sospetti prima che si traducano in spionaggio o sabotaggio.

Cosa cambia con le nuove sanzioni di dicembre

Le decisioni del 15 e del 18 dicembre 2025 segnano un salto di qualità: non solo navi aggiunte alla lista, ma anche intermediari (trader, crewing agencies, gestori tecnici) ritenuti parte della catena di elusione. Colpire le reti è cruciale: spezzare il circuito di assicurazioni opache, registri facili, bunkeraggio e trasbordi rende più costoso, più lento e più visibile ogni viaggio. E se a bordo, come suggeriscono i documenti visionati da Cnn, ci sono anche figure riconducibili alla sicurezza russa, la sanzione non ha solo valore economico: diventa uno strumento di contrasto all’intelligence.

Le falle che restano

Resta il problema — politico e operativo — della frammentazione internazionale. Non tutte le liste coincidono, e una nave bandita in Europa può trovare impieghi in altri scacchieri. Un’analisi di Foreign Policy ha messo in luce come la disomogeneità delle liste e l’oscillazione dell’enforcement tra diverse amministrazioni occidentali creino spazi che Mosca sfrutta con abilità. La priorità, oggi, è l’armonizzazione: dalle bandiere alla due diligence su proprietari e gestori, fino a sanzioni secondarie su chi facilita.

Il punto d’arrivo (provvisorio)

La storia delle due righe “messe in fondo alla lista” è il simbolo di una trasformazione più ampia: la merce è anche sensore, la rotta commerciale diventa vettore informativo, la sicurezza energetica si fonde con la sicurezza nazionale. Nel Baltico, dove “ogni giorno passano più tanker della flotta ombra” e dove i fondali sono una ragnatela di cavi e condotte, l’Europa sta imparando a leggere in tempo reale i segnali deboli. Ma la lezione è più generale: senza coordinamento internazionale, trasparenza sui registri, assicurazioni verificabili e ispezioni mirate, le ombre torneranno sempre a galla — magari con un’altra bandiera, un altro nome, e un altro paio di “aggiunte” in coda alla lista dell’equipaggio.