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lo scenario

Le mani della politica sulla sanità, il sorteggio non è «una minchiata»

Le carte dell'inchiesta su Cuffaro & C. (ma anche quelle di tutte le altre) confermano un quadro nitido. E ipocrita. La proposta di Calderone e il silenzio di Schifani

Accursio Sabella

07 Novembre 2025, 02:04

02:44

Le mani della politica sulla sanità, il sorteggio non è «una minchiata»

Sanità siciliana nella bufera

La politica fuori dagli ospedali? Forse servirebbe una legge. Non una che metta davvero i partiti fuori dalla sanità, magari introducendo il sorteggio, che «una minchiata» (dotta citazione), a pensarci, forse non è. Ma una norma che preveda una multa per qualunque esponente politico o istituzionale si azzardasse ancora a ripetere: «La politica è fuori dalla sanità». O, peggio, «abbiamo scelto i manager sulla base delle loro competenze». A ogni dichiarazione del genere, una bella multa. Sarebbe, forse, l'unico strumento per risparmiarci questa annosa, noiosa, offensiva ipocrisia.

L'ultimo tentativo di porre un argine al giochino del «questo lo faccio nominare io, così poi risponde a me», porta la firma di Forza Italia. Il presidente della commissione bicamerale per l‘Insularità, Tommaso Calderone, ha scritto al presidente della Regione Renato Schifani chiedendo l'introduzione di un protocollo per le nomine. Una proposta, in realtà, avanzata già nel luglio scorso, per la quale «non si registra, ad oggi, formale seguito», lamenta il deputato. L'accordo dovrebbe coinvolgere il governatore, l'assessore alla Salute, i direttori generali e i gruppi politici dell'Ars e punta a definire «i rapporti istituzionali tra gli esponenti politici – a livello regionale e nazionale – e i vertici delle aziende sanitarie, prevenendo ogni possibile forma di interferenza impropria o condotta suscettibile di alterare la corretta gestione delle risorse e delle funzioni del sistema sanitario regionale». Nella pratica, il politico che vuole interagire col manager, dovrà farlo per iscritto, o comunque attraverso precise procedure. Basterebbe a limitare i vizi emersi nuovamente? Difficile dirlo, considerato che il problema sta proprio all'origine, cioè al fatto che sono proprio i politici a perorare cause e aprire porte per le nomine a direttori con cui, come è prevedibile che sia, i rapporti sono anche confidenziali, stretti, come ad esempio dimostrano le “capatine” di Roberto Colletti a casa Cuffaro, finite nelle carte dell'inchiesta.

La politica fuori dagli ospedali, quindi? Bello slogan. «Il sorteggio? Una minchiata», rassicurava Cuffaro. Della serie “le carte le diamo noi”. E del resto, quello della sanità è il settore sul quale, più di ogni altro, la politica punta a mettere il cappello, oltre a qualche direttore e a qualche primario, fino all'ultimo dei precari. È quanto sta emergendo dall'inchiesta di Palermo, dove la sanità si manifesta per quella che, in Sicilia, è stata molto spesso: prateria per scorribande, bacino elettorale, termometro del potere. Ma nessuno si sorprenda. «Noi abbiamo Enna, Siracusa e Villa Sofia», diceva Cuffaro. E solo Biancaneve può stupirsi o scandalizzarsi. Il Cencelli delle nomine lo raccontiamo da anni, con tanto di liste di sponsor per questo o per quell'altro, con tanto di vincitori e vinti di una partita che non dovrebbe giocarsi nemmeno, visto che parliamo di salute.

Eppure, per passare a questioni che non hanno rilevanza penale, poche settimane fa si è giunti a un passo dalla crisi di governo, per la conferma di Salvatore Iacolino alla guida del dipartimento della Pianificazione strategica. Con tanto di immediato “rinculo” a Sala d'Ercole, con una pioggia di voti segreti ad affossare la manovrina finanziaria. Da un lato, i lealisti di Schifani che hanno avallato la conferma, dall'altro, gli scontenti di Fdi e Mpa. Ma senza andare troppo lontano da quelle storie, la recente nomina di Alberto Firenze alla guida dell'Asp di Palermo non può fare dimenticare il fatto che i partiti abbiano preferito tenere la più grande azienda sanitaria siciliana senza un vertice per nove mesi, piuttosto che toccare i tasti roventi delle nomine. Se non fosse tutta una questione politica, cosa avrebbe impedito di procedere immediatamente, dopo la scelta di “promuovere” Daniela Faraoni dagli uffici di via Cusmano a quelli di piazza Ziino?

Il quadro che inizia a venirne fuori, però, inizia a essere disastroso. Ha raggiunto le vette dello scandalo, recentemente riacceso dalla morte della povera Maria Cristina Gallo, il caso dei referti in ritardo all'Asp di Trapani, con la relativa cacciata di Ferdinando Croce – messo lì dai meloniani - per mano di Palazzo d’Orléans, nonostante il manager revocato abbia puntato il dito contro predecessori che oggi svolgono un ruolo nella sanità siciliana. Quest'estate, invece, l'altra presunta invasione della politica nell'Ospedale dei bambini di Palermo, sfociata in un'indagine a carico del deputato regionale Gaspare Vitrano che avrebbe – secondo l'accusa e la denuncia della presunta vittima – spinto il dirigente medico Desiree Farinella a fare un passo indietro. Il passo indietro, cioè il demansionamento, poi è arrivato, ma non è stata una scelta volontaria della dottoressa. Ma il punto è: perché un deputato dovrebbe andare da un medico a chiedere di «mettersi in malattia per un po'»?

È tutto normale, se si considera il quadro che la Procura di Palermo ci ha restituito in modo nitido, con tanto di usi, costumi e parole, al netto delle responsabilità penali. Non può sorprendere, allora, in un quadro nel quale i vertici delle aziende sanitarie sono individuati tramite il pallottoliere del sottogoverno, magari da intrecciare agli incarichi per un Consorzio di bonifica o per un Istituto per le case popolari, che sotto il vertice venga considerato legittimo sfruttare posizioni e protezioni per fare affari. Diventa normale, di fronte a una politica che usa la sanità, registrare comportamenti quantomeno disinvolti di chi sta sotto quel livello: tra gli ultimi casi, quello del commercialista Ninni Sciacchitano, già Oiv della Regione, o dell'inchiesta sulle presunte mazzette a carico del commercialista Mario Lupo e del dirigente dell'Asp di Palermo Francesco Cerrito, arrestati in flagranza. Se la politica dà il suo cattivo esempio, rendendo la sanità merce di scambio, occasione, teatro per l'esercizio del potere (e del suo abuso), perché mai sorprendersi dei comportamenti discutibili di un dirigente o di un funzionario? La politica fuori dagli ospedali, quindi. Ecco, servirebbe davvero il sorteggio. E una bella multa, per tutti quelli che torneranno a raccontarci quella favola. Ovviamente, non accadrà né la prima, né le seconda cosa.