×

Scienza & società

Veniamo dall'Italia, dai Balcani e dall'Ucraina: così la Sicilia divenne Sicilia

Svelata la storia genetica della popolazione grazie allo studio del Dna delle donne: 350 genomi, 6 università e un’unica certezza avallata dalla Scienza: l'Isola è un ponte naturale tra continenti

Carmen Greco

20 Novembre 2025, 18:56

Veniamo dall'Italia, dai Balcani e dall'Ucraina: così la Sicilia divenne Sicilia

Il mosaico di Piazza Armerina con le celebri "ragazze in bikini" (IV secolo d.C)

Com’è cambiata la Sicilia in 15mila anni? E, soprattutto, chi erano le donne che hanno consegnato ai siciliani di oggi il loro DNA, custodito e tramandato come un’eredità invisibile?
Per la prima volta c’è una risposta scientifica. E arriva da uno studio che ricostruisce, senza interruzioni, un lunghissimo racconto al femminile: una linea genetica che parte dalle grotte del Paleolitico e arriva fino alle strade delle nostre città.

Pubblicata su Science Advances, la ricerca svela una storia che conferma — con i numeri della scienza — ciò che in Sicilia si dice da sempre: qui i popoli si sono incontrati, mescolati, trasformati. E il risultato è un DNA che porta impressa la memoria di migrazioni, scambi e contatti millenari.

Il primo dato sorprende: tra le comunità di cacciatori-raccoglitori del Mesolitico e i primi agricoltori del Neolitico c’è una frattura netta. Chi abitava l’Isola prima dell’arrivo dell’agricoltura aveva origini multiregionali: Italia, Balcani, Ucraina. Un vero mosaico già nella preistoria. Poi, circa 8.000 anni fa, arrivano i primi agricoltori dal Mediterraneo e dall’Europa continentale. E lì la storia cambia: le linee genetiche femminili dei gruppi antichi scompaiono quasi del tutto, sostituite da quelle dei nuovi arrivati.

È un passaggio cruciale che le ricercatrici e i ricercatori sono riusciti a identificare grazie all’analisi del DNA mitocondriale, quello che si eredita soltanto dalla madre: un piccolo anello di informazioni che funziona come un “filo rosso” della genealogia femminile. Il team — guidato da Silvia Ghirotto dell’Università di Ferrara e Alessandro Achilli dell’Università di Pavia, insieme a studiosi di Perugia, Palermo, Siena, Firenze e della University of New Haven — ha analizzato più di 350 genomi mitocondriali tra antichi reperti e campioni moderni.

Ed è proprio Ghirotto a spiegare l’essenza dei risultati: «La Sicilia è un caso unico: un ponte naturale tra Europa e Africa, arricchito da migrazioni che si sono intrecciate per millenni». Achilli aggiunge: «Questa ricostruzione è inequivocabile: le prime donne dell’Isola provenivano da tre aree diverse, mentre quelle del Neolitico arrivarono lungo le rotte marittime e l’entroterra europeo».

Grotta San Teodoro, Acquedolci Parco archeologico di Tindari

Se i primi millenni siciliani sono un vortice di incontri e sostituzioni, quello che accade dopo è ancora più sorprendente. Nonostante l’arrivo di pastori indoeuropei, fenici, punici, greci e poi altri popoli ancora, il DNA materno della Sicilia non cambia più in modo drastico. Per 8.000 anni le linee genetiche femminili restano quasi identiche. Una continuità che ribalta alcune ipotesi precedenti e che racconta una storia evolutiva complessa, fatta di scambi continui ma senza mai perdere un filo comune.

La diffusione dell’agricoltura, il declino delle comunità di cacciatori-raccoglitori, i traffici marittimi, le colonizzazioni mediterranee: ogni tassello ha lasciato un’impronta. Ma sempre dentro una cornice stabile, come se le donne dell’Isola avessero custodito — attraverso i millenni — un’identità profonda e condivisa. E così, guardando agli antichi genomi, emerge la voce delle prime siciliane: donne vissute 15mila anni fa, come quella della Grotta di San Teodoro, a Messina, una delle testimoni più antiche di questa lunga storia.