L'intervista
Ninni Bruschetta “in scena” con il suo atto d’amore: «Messina sempre con me»
Vis à vis. L’attore messinese si apre sulla città, sugli ultimi tre sindaci, sulla mancanza di “cura” e punta il dito sulla zona falcata: da sempre sottratta alla fruizione pubblica, in mano alla Marina
«Sferzata dal vento da ogni dove, con una luce magica, è una città dionisiaca, un po' come Siracusa». Così parla della sua Messina, Ninni Bruschetta, uno dei volti più noti di piccolo e grande schermo. Fu lui a dare, oltre il volto, anche l'impronta marcatamente messinese a Duccio, l'indolente direttore della fotografia di Boris, l'amatissima serie tv, scritta da Mattia Torre (ora visibile su Disney +). Da allora una valanga di ruoli in film e serie tv che lo impegnano altrove, ma “non ho mai abbandonato la mia città”, avverte lui. Lo si chiama al telefono in pieno pomeriggio e lui si concede generoso.
Da quanto tempo non vivi più sullo Stretto?
Da 35 anni, ma ci si può allontanare, distanziarsi fisicamente da un luogo, senza abbandonarlo e io di certo non l'ho fatto, sono rimasto sempre fedele, sia per amore, sia perché ho sempre costruito dei progetti che hanno funzionato in città. Poi è la sua stessa entità che ti impedisce di abbandonarla.
Che entità?
Be' le città hanno una caratteristica che le riassume, se Catania può essere definita la Milano del Sud, per la sua operosità. Messina è una fata Morgana.
Cioè inganna?
Appare, straordinaria per com’è, come lo spazio in cui esiste, il vento che la sferza, la luce antonelliana che la illumina e poi improvvisamente scompare. Si inabissa, non la vedi più, si perde. Ma è anche una città che ti seduce, ci sono attrici che hanno lavorato con me, in miei produzioni teatrali che ancora oggi mi ringraziano perché ho fatto loro conoscere Messina. Una città anche intelligente.
Intelligente?
Puoi parlare con tutti di ogni cosa. Vive di classi popolari e intellettuali vivaci e attente. Sento che c'è un'intelligenza diffusa ignorata dalla classe dirigente.
C'è, come in tutto il Paese, una scollatura tra classe dirigente e popolazione, dici?
Come in tutto il resto della Sicilia, la classe dirigente ha la funzione di vendere la nostra terra al miglior offerente allo scopo principale di non fare nulla. Tutto questo si vede anche nei dettagli, nell'amministrazione pubblica, che non si può neanche definire scandalosa, perché è inesistente. Non scordiamo che la prima baracca che fu costruita a Messina, dopo il terremoto, fu l'ufficio comunale, perché è la prima fonte da spremere...
Eppure la città negli ultimi anni ha dato più volte, alle urne, un segnale chiaro di cambiamento.
Io credo molto nelle persone, nel cambiamento che porta il singolo nel bene e nel male, da Gesù Cristo a Berlusconi, passando da Maradona. La figura del sindaco è molto importante in Italia e noi abbiamo avuto, non casualmente, tre sindaci che hanno supportato la crescita della città, che sono partiti letterariamente da Renato Accorinti. Perché la vittoria di Accorinti è letteraria più che politica. Stiamo parlando ormai di 15 anni fa, quindi un pezzo di storia, quella fu una vittoria, che comunque la si veda, fece partire tutta una serie di cose che in seconda battuta De Luca, e poi Basile, hanno fatto una cosa che tutti i sindaci bravi fanno: ha proseguito le cose buone che aveva fatto Renato. Mio figlio mi ha detto quest'estate che usciva prendendo l'autobus: perché funzionano e senza nulla da invidiare al trasporto pubblico delle città più avanzate. Eppure tutti e tre hanno trascurato una cosa fondamentale: la comunicazione.
Non hanno saputo comunicare? Neanche De Luca?
Non hanno capito che se tu sei un bravo amministratore, un bravo politico, non devi comunicare quello che hai fatto, perché alla gente non gliene importa nulla, ma devi avere una veste culturale perché è quello che andrà politicamente.
Hanno trascurato la cultura?
Certo, per carità, un trend nazionale, la cultura deve essere importante e non lo è mai: questo è un doppio danno, in un Paese come l'Italia. Non a caso Firenze è ricca per il patrimonio culturale che ha.
Messina ha un patrimonio culturale non sfruttato?
Ho lavorato per mia fortuna con tutti i teatri pubblici d'Italia ma oggi il teatro lo fanno i privati: a Messina i privati non fanno niente, a parte qualche ragazzo che racimola pochi euro l'anno. Eppure ci sono mille leggi che consentono ai privati di sostenere la cultura con sgravi di ogni tipo. Ma non succede niente di tutto questo, bisognerebbe fare un piano generale, politico e iniziare da zero, cioè prima di tutto, dalla localizzazione di tutta una serie di cose che riguardano la cultura.
Per esempio?
La zona falcata, noi ancora viviamo in una città in cui c'è una cose che forse solo alle Seychelle e non si può andare perché è militarizzata. Se una delle zone più belle è occupata dalla Marina militare da tre quarti di secolo e nessuno l'ha mari reclamata, cosa si può fare?
Cosa si può fare?
Cultura, e non intendo eventi, non parlo di teatro, parlo anche di ristorazione, di tutto. C'è un grande fermento artistico. Fare cultura vuol dire dare opportunità, spazi, creare occasioni anche imprenditoriali. Se pianifichi, in una geografia straordinaria come questa, puoi fare di tutto.
E invece?
Invece molto spesso manca la cura. Non c'è cura di nulla ed è lasciato tutto in stato di abbandono. Ecco, io non la abbandono.