televisione
Sandokan torna in tv 50 anni dopo: Can Yaman la nuova "Tigre della Malesia"
La serie cult di: avventura in quattro serate tra il Borneo ottocentesco, amore moderno e cast internazionale

A cinquant’anni dal debutto della cult di Sergio Sollima tratta dai romanzi di Emilio Salgari, con uno straordinario Kabir Bedi, la Tigre della Malesia torna in televisione. Stavolta a impugnare la sciabola è Can Yaman, protagonista di Sandokan, miniserie in quattro serate diretta da Jan Maria Michelini e Nicola Abbatangelo, ambientata nel Borneo del 1840 sotto il dominio britannico. Il cast comprende anche Alanah Bloor, Alessandro Preziosi, Ed Westwick, Madeleine Price e John Hannah. I primi due episodi debuttano alla Festa del Cinema di Roma; la messa in onda su Rai 1 è prevista dal 1° dicembre e, successivamente, la serie approderà su Disney+.
Prodotta da Lux Vide (Gruppo Fremantle) in collaborazione con Rai Fiction, la nuova rivisitazione guarda al presente senza tradire lo spirito d’avventura. Il progetto ha richiesto un lungo percorso: il divo turco è arrivato in Italia cinque anni fa per la preparazione, ma tra pandemia e complessità produttive le riprese sono partite nel 2024, con set nel Lazio, in Toscana e in Calabria.
«Non capita spesso nella vita di un attore di avere questa possibilità, potersi preparare per cinque anni. Ho letto e visto qualsiasi cosa legata al ruolo» racconta in italiano Can Yaman, che prima della conferenza stampa ha ricevuto il premio “Lazio Terra di Cinema”. «Ho avuto modo di dimagrire, allenarmi, infortunarmi, ambientarmi in un altro Paese. Sono cresciuto e diventato una versione migliore di me stesso».
Sul personaggio aggiunge: «Abbiamo cercato di creare un Sandokan originale. Nella prima stagione (i produttori sperano si arrivi a tre) vedremo cosa l’ha fatto diventare così, la sua infanzia. Lui nasce con un senso di libertà, vuole migliorare la vita degli altri e quella di sua madre, combatte per loro, è un pirata “Robin Hood”. Poi man mano si evolve, diventerà un salvatore del popolo. È un personaggio molto inclusivo, abbraccia e rispetta la diversità, le differenze culturali».
Tra i cardini del racconto c’è il legame con Yanez, compagno d’avventure, qui interpretato da Alessandro Preziosi: «La mia fonte di ispirazione è stata la mia adolescenza, ma anche la grande complicità emotiva, geografica e caratteriale che ho avuto con Can, Jan e Nicola. Poi anche tutta l’animazione Disney, la mia cultura di padre che mi ha portato a rivedere tutti quei film. Ho pensato anche alle performance di Johnny Depp e Jim Carrey, quel modo di arrivare a tutti andando anche sopra le righe. Sono stato indisciplinato e per la prima volta sono stato pagato per poterlo fare».
«Raccogliamo un testimone importante, quello della serie di 50 anni fa. Preserviamo sicuramente l’atmosfera di un piratesco all’italiana: è una storia d’avventura accattivante ma anche modernizzata; il tempo è passato, i personaggi sono cambiati, anche Sandokan è in continua trasformazione» osservano i registi.
Un approccio più contemporaneo attraversa anche il grande amore del protagonista, Marianne, qui più ribelle e autonoma, interpretata da Alanah Bloor: «Una delle cose più belle era trasmettere tanta forza in ogni scena. Lei si confronta con gli uomini con così tanta grazia e brillantezza. È stato un piacere portare questa qualità contemporanea in una donna vittoriana».
Per l’antagonista principale, il cacciatore di pirati Lord Brooke — «l’unico personaggio veramente esistito raccontato da Salgari» ricorda lo sceneggiatore Alessandro Sermoneta — la scelta è ricaduta su Ed Westwick, che lo restituisce giovane e ambizioso, com’era nella realtà: «È un ruolo che mi ha parlato subito. C’è un mistero in lui. Mi sono chiesto quali fossero le sue motivazioni e i suoi traumi, perché indossasse con gli altri sempre una maschera. Le domande su di lui penso appassioneranno anche il pubblico».
La dimensione intima ha segnato anche il lavoro di Yaman: «All’inizio ero preoccupato soprattutto delle scene più fisiche ma poi ho capito che le parti più emotive mi “sderenavano” ancora di più. Sandokan è un uomo molto altruista, molto sofferente, molto ascetico, quindi non c’era una scena facile. Sicuramente come persona ho imparato tanto da lui e come attore è come se avessi preso una laurea all’università».