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L'inchiesta

Mafiosi diplomatici, killer spietati, boss riservati: il lungo elenco dei catanesi al 41 bis

Nemici e alleati dei Santapaola: il fortino di Nitto è rimasto inviolato

Laura Distefano

13 Novembre 2025, 13:20

13:30

41 bis racconta catania

Capire perché il suo nome è ancora nella bocca dei ragazzini catanesi è davvero un mistero (aberrante). Ma Nitto Santapaola, da 32 anni chiuso in gattabuia, è una sorta di mito per baby criminali che quando fu arrestato non erano manco nati. E, così, nemmeno il 41bis riesce a blindare un’influenza mafiosa costruita sugli affari illeciti e sul sangue. Quel boss che, secondo alcuni pentiti, a un certo punto sarebbe stato “posato” è il volto anche di profili TikTok, creati per assoldare nuova manovalanza mafiosa. Benedetto Santapaola, 87 anni suonati, è il padrino di Catania. Indiscusso. Storico. E riconosciuto. Santapaola sarebbe fuori dai giochi “militari, ma secondo una recentissima sentenza di Misure di Prevenzione - anche se non è stata applicata alcuna misura in quanto già in essere provvedimenti preesistenti - avrebbe ancora interesse a far lievitare i soldi arraffati all’epoca della mattanza e poi investiti per “ripulirli”.

Nessuno lo dice, ma tutti vorrebbero che il vecchio Santapaola decidesse di collaborare con la giustizia. Con una sfilza di ergastoli per omicidi, fra cui anche il concorso alle Stragi di Capaci e via D’Amelio del 1992, il boss che riuscì a conquistare il “trono mafioso” di Cosa nostra a Catania conosce i segreti più reconditi della mafia degli anni del golpe dei Corleonesi. E di quella strategia del terrore che i “fondatori” di Cosa Nostra non hanno mai condiviso. Nitto Santapaola potrebbe fare la differenza. Ma non ha mai mostrato un attimo di cedimento, nemmeno quando nel 1995 hanno ammazzato sua moglie, Carmela Minniti.


Le relazioni della Dia degli ultimi anni descrivono la mafia in piena strategia dell’inabissamento. I tentacoli della piovra sarebbero riusciti a infiltrarsi nei gangli delle Istituzioni. Anche ai livelli più alti. Ma non c’è nulla di nuovo in questa strategia. Nitto Santapaola è di quella pericolosa scuola di pensiero. Strettissimo coi potenti, spietato coi nemici.


Una sconfitta il boss l’ha avuta. Non è riuscito a tenere i figli lontano dalla mafia: il primogenito Enzo è rinchiuso al 41bis. L’ultima condanna è stata per omicidio: 30 anni di pena, irrevocabile, per essere stato il mandante della condanna a morte di Angelo Santapaola. Il cugino fu ammazzato nel 2007. Il cognome Santapaola compare altre due volte nella lista di quasi 50 detenuti al regime del “carcere duro”. Spiccano, infatti, i nomi di Enzo Santapaola ‘u ranni’, figlio del defunto Turi, e Francesco Santapaola, figlio di Turi “colluccio” (che è cugino di Nitto). I rapporti familiari sono l’essenza dell’appartenenza mafiosa.

Non dimentichiamo che la “dinastia” parte da tre sorelle D’Emanuele che convolarono a nozze con un Santapaola, un Ercolano e un Ferrera. Due gli “Ercolano” al 41 bis. I figli del defunto Sebastiano: Aldo e Mario. Ha sangue “Ferrera-Cavadduzzu” Ciccio Napoli: il decreto di applicazione al 41bis per il giovane rampollo mafioso è abbastanza recente. Risale a qualche anno fa, dopo che fu arrestato nel blitz Sangue Blu nel 2022. Il mandato di rappresentante provinciale sarebbe poi passato a Ciccio Russo, finito in manette l’anno scorso. A lui sarebbe stato riservato un ruolo così strategico grazie ai suoi rapporti privilegiati con Enzo Santapaola, il figlio di Nitto. Per Russo il 41bis è arrivato poco tempo dopo l’arresto nel blitz “Ombra”. I santapaoliani sono i più numerosi nelle file dei reclusi ritenuti più “pericolosi”: Enzo Aiello, Orazio Magrì, il fratello Marcello, Melo Puglisi “u suggi”, Antonio Tomaselli “penna bianca”, Ivan Natale Filloramo, Francesco Di Grazia “u spasciu”. Una menzione a parte spetta a Giovanni Arena, che fu arrestato dopo una lunga latitanza a Librino. Non aveva mai lasciato la sua casa il soldato di Cosa Nostra, che partecipò all’attentato alla Standa.

Vecchi boss e giovani narcotrafficanti. I profili dei reclusi catanesi sottoposti al regime più duro dell’ordinamento penitenziario sono variegati. In questo spaccato di generazioni che si alternano nella “governance” mafiosa, si inseriscono anche alcuni fedelissimi del famigerato Giuseppe Pulvirenti ‘u malpassotu’, che dopo il suo pentimento hanno fatto squadra con i Santapaola-Ercolano. Parliamo di Gino Rannesi di Lineri (frazione misterbianchese al confine con Catania) e Pietro Puglisi (ergastolano di Mascalucia, genero del defunto “malpassotu”). E c’è anche il figlio di Giuseppe Pulvirenti, Antonio nelle file dei detenuti al 41bis. Fra i figli d’arte (mafiosa) da citare il calatino Gianfranco La Rocca che, dopo l’imponente operazione del Ros “Agorà”, è finito sotto il rigoroso regime detentivo.


Sono sepolti in carcere da decenni, Calogero “Carletto” Campanella (il capo storico del rione Picanello che aveva la carica di capodecina nello scacchiere del clan di Nitto), Turi Pillera “Cachiti”, (capoclan che ha la sua enclave al Borgo), Mario Pace (killer dei Cappello che ultimamente è tornato nei guai perché durante i permessi premio continuava le attività mafiose), Nino Cintorino (capo storico della mafia di Calatabiano).


Nonostante lettere e appelli, Turi Cappello, protagonista delle guerre di mafia combattute anche al nord Italia, è rimasto al 41bis dal suo arresto a Napoli nel 1992. Fra i cappelloti più in vista al 41bis, ci sono Giovanni Colombrita, Massimiliano Salvo (figlio del defunto Pippo ‘u carruzzeri), Sebastiano Lo Giudice (che è stato reggente nella frangia dei Bonaccorsi-carateddi), Orazio Privitera (boss dei “carateddi” con un passato fra gli Sciuto-Tigna). Fra gli emergenti al carcere duro ci sono i Nizza: Andrea e Daniele. Quest’ultimo è uno degli ultimi uomini d’onore di Cosa nostra catanese. Anche se il core business (illecito) dei fratelli è il narcotraffico.


Il clan dei Laudani schiera al 41bis alcuni boss di carisma provenienti dalla provincia: Camillo Fichera di Acireale, Giuseppe Scarvaglieri di Adrano (clan Scalisi) e Salvatore Rapisarda di Paternò. La cittadina normanna ha dato i natali anche a boss di Cosa nostra del calibro di Pippo Mirenna, Franco Amantea, Francesco Stimoli, Turi Assinnata. Da Adrano, fra le file dei referenti dei Santapaola, Nino Crimi, Nino Quaceci, Alfio Santangelo e Gianni Santangelo.