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Catania

Protesta davanti all'ospedale di Acireale contro la sospensione dell'aborto farmacologico

Liste d'attesa per la Ru486 sature. Le attiviste: “Negare il diritto di interrompere una gravidanza è una violenza e una violazione del diritto alla salute e alla libertà di scelta"

Ombretta Grasso

11 Novembre 2025, 10:05

Protesta davanti all'ospedale di Acireale contro la sospensione dell'aborto farmacologico
È iniziata questa mattina, davanti all’ospedale “Santa Marta e Santa Venera” di Acireale, la protesta contro la sospensione del servizio di interruzione farmacologica di gravidanza. Nell’ultimo anno il presidio etneo è stato l’unico, a Catania e in tutta la provincia, a garantire alle donne l’accesso alla RU486 per l’Interruzione volontaria di gravidanza.

Nei pressi della struttura, le attiviste del consultorio autogestito catanese “Mi cuerpo es mio” e del collettivo “Non Una di Meno Catania” hanno organizzato un presidio per chiedere spiegazioni chiare e pubbliche sulla recente interruzione del servizio. «Ci rivolgiamo pubblicamente all’Azienda Sanitaria Provinciale di Catania e all’U.O.C. di Ginecologia e Ostetricia dell’Ospedale di Acireale — spiegano le manifestanti — chiedendo risposte chiare e il ripristino immediato del servizio di interruzione volontaria di gravidanza (IVG) farmacologica».

«La sospensione di questo servizio è inaccettabile e vergognosa. Rappresenta un atto di violenza istituzionale e una violazione del diritto alla salute e all’autodeterminazione delle persone. La violenza patriarcale ha molte forme: è anche quella che si manifesta quando i diritti vengono negati, quando si impedisce alle persone di decidere del proprio corpo, quando si tace, si omette, si colpevolizza. Negare il diritto all’aborto, non fornire informazioni corrette, lasciare le persone sole di fronte a una scelta difficile è una forma di violenza».

Il contesto regionale è segnato da un accesso sempre più complicato all’IVG. I dati indicano percentuali altissime di obiettori di coscienza in Sicilia: il 81,5% dei ginecologi, il 73% degli anestesisti e l’86% del personale non medico si rifiuta di occuparsi di un servizio essenziale per la salute delle donne. Per garantire la piena applicazione della legge 194, nei mesi scorsi la Regione Siciliana ha approvato una norma che prevede l’assunzione, tramite concorso, di soli medici ginecologi non obiettori; il provvedimento è però impugnato dal governo nazionale.

«L’aborto farmacologico — proseguono —, definito dalle linee guida ministeriali il metodo più sicuro e meno doloroso per abortire fino alla dodicesima settimana di gravidanza, è inesistente da sempre in tutti i reparti della città di Catania e adesso è negato anche in provincia. Le donne sono costrette a spostarsi in altre province o a subire un intervento chirurgico che vorrebbero evitare e che rappresenta un costo sanitario decisamente più elevato. Ricordiamo che, in questo contesto, l’obiezione di coscienza non è un diritto, ma un privilegio: un privilegio che, se non regolato, nega il diritto fondamentale delle donne e delle persone gestanti all’autodeterminazione».

Le manifestanti chiedono dunque il ripristino immediato della prestazione, garantendo personale non obiettore in numero adeguato, e il potenziamento dei consultori pubblici, «luoghi fondamentali di informazione, accoglienza e tutela».

«La sospensione di un servizio non è un dettaglio tecnico: è un attacco al diritto all’aborto e alla libertà di scelta. E noi non accetteremo il silenzio».