il report
L’economia del commiato, è boom dei servizi funebri: a Catania ben 118 ditte
Secondo i dati elaborati da Unioncamere-InfoCamere si ha a che fare con un comparto silenzioso ma solido e assai strutturato in cui le imprese familiari lasciano spazio a un sistema più organizzato
Vale tra 300 e 700 milioni di euro l’anno il business delle onoranze funebri in Sicilia. È la stima elaborata su dati Unioncamere-InfoCamere dell’ultimo trimestre, che fotografa un comparto silenzioso, ma solido e strutturato, capace di muovere una fetta significativa dell’economia regionale. Un comparto che mostra forti differenze territoriali: Catania, Palermo e Messina concentrano oltre la metà delle attività, con aziende di dimensioni medio-grandi che operano anche su scala interprovinciale.
Al 30 giugno le imprese siciliane che operano nei servizi funebri sono 827, con un incremento dell’11,2% rispetto al 2019, quando se ne contavano 744. Nessun’altra regione italiana ne conta di più: l’isola supera infatti Lombardia (773) e Campania (616), confermandosi il primo territorio per presenza di attività legate al commiato.
Nel complesso, l’Italia conta 7.050 imprese attive nei servizi funebri, in aumento del 4,9% rispetto al 2019. Questo significa che quasi una su otto opera nel Mezzogiorno, e la sola Sicilia rappresenta oltre l’11% del totale nazionale. Anche sotto il profilo organizzativo l’isola si allinea alle tendenze nazionali perché crescono le società di capitali (+30,6%), mentre arretrano le ditte individuali (-6,7%) e le società di persone (-7,7%). Il fatturato annuo del settore è stimato in una fascia compresa tra 2,5 e 6 miliardi di euro.
Dietro ai numeri si intravede anche una trasformazione dell’assetto aziendale. Le piccole ditte familiari lasciano gradualmente spazio a imprese più organizzate, capaci di affrontare costi crescenti, normative più rigide e nuove richieste del mercato. Secondo il report, cresce l’interesse per la cremazione, per i servizi di memoria digitale e per l’offerta di soluzioni sostenibili, che includono materiali ecologici e processi a minor impatto ambientale.
Nei territori interni, come Enna o Ragusa, resistono realtà di tipo artigianale, spesso a conduzione familiare, che mantengono un rapporto diretto con le comunità locali. Nel dettaglio, Palermo guida la classifica con 182 imprese (circa il 22% del totale regionale), seguita da Catania con 118 imprese (14%) e Messina con 109 (13%). Queste tre province da sole concentrano quasi la metà delle attività dell’isola. Rispetto al 2019, la crescita più marcata è stata registrata a Catania (+14%) e Palermo (+12%), trainate dall’aumento delle società di capitale. Ragusa (+10%) e Agrigento (+8%) mantengono un tessuto basato sulle ditte individuali, mentre Enna, con 42 imprese (5% del totale), resta la provincia con il numero minore di imprese del settore, pur mostrando un aumento più contenuto (+6%).
Sul fronte occupazionale, gli incrementi territoriali maggiori si concentrano nelle province di Catania (+36%), Palermo (+34%) e Messina (+31%), dove il consolidamento delle imprese e l’ampliamento dei servizi hanno creato nuova occupazione stabile.
A caratterizzare il quadro regionale è anche l’andamento demografico. Secondo l’ultimo Censimento permanente della popolazione Istat, la Sicilia presenta un tasso di mortalità dell’11,8 per mille, leggermente inferiore alla media nazionale (12,1 per mille), con punte che arrivano al 14,3 per mille in alcune province interne come Enna. L’età media della popolazione si è alzata a 45,4 anni, segnalando un progressivo invecchiamento demografico che incide direttamente sull’economia del commiato.
In altre parole, una popolazione più anziana e un tasso di mortalità più alto significano una base di domanda strutturalmente elevata per l’economia del commiato. Il numero di imprese presenti nell’isola, 827, oltre l’11% del totale nazionale, riflette questo equilibrio tra domanda e offerta. Se nei prossimi anni il tasso di mortalità siciliano dovesse salire anche solo al 13 per mille, come prevedono alcune proiezioni, il comparto potrebbe registrare un incremento degli introiti tra il 5% e l’8%, contenuto solo dalla concorrenza e dalla capacità di offrire o meno nuovi servizi.