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«Sesso con i ragazzini? Oggi non lo rifarei, sono una donna maturata», le parole della prof assolta in appello

Era stata condannata in Tribunale a sette anni e tre mesi per pornografia minorile e corruzione di minorenni. Oggi ha 48 anni e ha ammesso rapporti con adolescenti di più di 14 anni

Redazione La Sicilia

31 Ottobre 2025, 17:31

«Sesso con i ragazzini? Oggi non lo rifarei, sono una donna maturata», le parole della prof assolta in appello

Daniela Casulli

«Quel tipo di videochiamate non le farei mai più, purtroppo era un periodo un po’ immaturo. Non ho più neanche nessun interesse o piacere ad avere contatti o chat con persone molto giovani, provo un senso di fastidio. Non per quello che è successo e per il processo ma perché sono maturata: un ragazzo giovane mi sembra infantile e insignificante, ci sono arrivata lentamente». Lo ha detto Daniela Casulli, la maestra di scuola elementare oggi 48 anni, originaria di Bari, dopo essere stata assolta dalla Corte d’Appello di Bari «perché il fatto non costituisce reato» dalle accuse di pornografia minorile e corruzione di minorenni.

Il percorso giudiziario

Nel 2021 Casulli era stata arrestata e posta ai domiciliari; nel luglio 2024 era arrivata la condanna in primo grado a 7 anni e 3 mesi di reclusione. L’accusa sosteneva che la donna avrebbe adescato alcuni minorenni a Bari, mentre all’epoca insegnava in una scuola del Trentino. Con uno di loro, maggiorenne, avrebbe avuto un rapporto sessuale in un bed and breakfast, presuntamente alla presenza di altri due ragazzi più piccoli, circostanza sempre smentita dall’imputata. Le immagini sarebbero state riprese e diffuse su un canale social.

La difesa e le dichiarazioni

Casulli non ha mai negato di aver intrattenuto rapporti sessuali con adolescenti maggiori di 14 anni, ma si è sempre difesa sostenendo di non aver commesso alcun reato legato alla produzione dei filmati e alla loro circolazione online. Secondo la tesi difensiva, non vi sarebbe stata consapevolezza che alle videochat si collegassero anche minori di età inferiore, né la donna avrebbe istigato o sollecitato la diffusione dei video. «Forse in quel periodo avevo la testa da ragazzina e da adolescente – aggiunge – cosa che poi ho abbandonato totalmente». La maestra ammette le leggerezze di quelle conversazioni in video, che non ripeterebbe. Ma puntualizza: «Il meccanismo delle videochiamate di gruppo su Instagram prevede la possibilità per chiunque di aggiungere chi vuole, che può entrare senza permesso e all’improvviso all’insaputa delle altre persone. E così è stato». Su quel punto, ribadisce di aver sempre vigilato su chi si collegava, senza poter sapere che altri, sotto i 14 anni, potessero assistere. «Per quel capo di imputazione il pm aveva chiesto l’assoluzione in primo grado», evidenzia. Lamenta inoltre l’acquisizione, tra gli atti, di «video incompleti e senza audio» e il fatto che «nel corso delle indagini e del processo quei ragazzi non sono mai stati sentiti».

L’assoluzione e la reazione

La notizia dell’assoluzione è stata diffusa dalla stessa Casulli sui social, con una foto che la ritrae sorridente accanto al dispositivo della sentenza di secondo grado: «Assolta perché il fatto non costituisce reato». La Corte d’Appello ha così ribaltato il verdetto del Tribunale di Bari, che l’aveva condannata a 7 anni e 3 mesi di reclusione e a una multa di 75 mila euro per aver, secondo l’accusa, adescato sui social e in chat alcuni minorenni con i quali avrebbe avuto rapporti in un b&b del centro cittadino, facendosi riprendere. «Siamo contentissimi – ha dichiarato il difensore, l’avvocato David Terracina – viene restituita dignità a una donna, e viene riconosciuta la giusta dimensione a un fatto che non costituisce reato perché rientra nei limiti della legge». In sostanza, gli incontri sono avvenuti, ma poiché i ragazzi coinvolti erano consenzienti e maggiori di 14 anni, non si configura il reato di violenza (mai contestato); i video sarebbero stati realizzati con i telefoni e diffusi dagli stessi giovani, non dalla maestra.

Le conseguenze e la presa di posizione

Le indagini presero avvio dalle denunce presentate ai carabinieri dai genitori delle presunte vittime, nessuna delle quali era alunna dell’insegnante. Nel dicembre 2021 la donna finì ai domiciliari. In quel periodo lavorava in una scuola del Nord Italia: venne sospesa e successivamente licenziata. Le imputazioni riguardavano due presunti episodi di produzione di materiale pedopornografico e una supposta vicenda di corruzione di minorenne. Il Tribunale, in primo grado, aveva inoltre disposto l’interdizione dai pubblici uffici e da qualsiasi incarico in istituti frequentati da minori, insieme al divieto di avvicinarsi a luoghi da loro abitualmente frequentati. «La Corte d’Appello, con questa assoluzione piena – ha scritto Casulli sui social – ha voluto ristabilire il valore della giustizia e della legalità, prendendo chiaramente le distanze da una gestione del processo che aveva mostrato gravi criticità. È una decisione che riafferma che a Bari la Giustizia esiste, che i principi della Costituzione e del Giusto Processo non sono parole astratte, ma garanzie concrete per ogni cittadino».