The Wall a Gela, chiuse le indagini su un gruppo di pusher: il promotore è per i pm un avvocato
L'avviso notificato dalla Dda di Catania: il gruppo, per l'accusa, avrebbe potuto contare sull’appoggio della famiglia mafiosa dei Rinzivillo e sulla disponibilità di armi
 
									La Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta ha notificato l’avviso di chiusura delle indagini a ventiquattro indagati, ritenuti coinvolti nell’organizzazione di un ampio traffico di stupefacenti ricostruito nell’inchiesta “The Wall”, condotta da magistrati e carabinieri. Secondo gli inquirenti, il “capo e promotore” del presunto sodalizio sarebbe l’avvocato Grazio Ferrara, di Gela. Il gruppo, stando all’accusa, avrebbe potuto contare sull’appoggio della famiglia mafiosa dei Rinzivillo e sulla disponibilità di armi. Per la Dda, inoltre, i canali di approvvigionamento della droga sarebbero stati attivati anche nel Nord Italia tramite l’albanese Elvis Ziu.
L'inchiesta
L’ex avvocato Grazio Ferrara, 45 anni, pensava di poterla farla franca questa volta così cercava di non tralasciare traccia con le telefonate. Nei tabulati solo lo stretto necessario, cioè quelle telefonate innocue che pur se ascoltate non avrebbero potuto farlo finire nei guai. Utilizzava WhatsApp, invece, per videochiamare, tracciare percorsi e visionare la pistola che poco dopo avrebbe avuto tra le sue mani. Uno stratagemma di difesa persona che non ha funzionato con l’indagine “The wall” perché sul cellulare è stato messo un trojan che ha “fotocopiato” sui pc dei carabinieri del Comando provincia di Caltanissetta ogni sua mossa e ascoltato ogni sua conversazione.
Il collaboratore di giustizia Calogero Orazio Peritore non ha esitato un istante a ricostruire dinnanzi ai magistrati nisseni le dinamiche dello spaccio di droga. Lui che per anni ha gestito in proprio il business dopo aver iniziato la sua collaborazione ha indicato i nomi anche dei suoi cugini che non sono coinvolti nel blitz “The wall”. A fine gennaio ha detto ai magistrati: «Rconosco Arnaldo Peritore. Lui nel 2023 si era messo in società per la vendita di hashish con mio fratello Alessandro Peritore. Prima degli arresti avvenuti con l’operazione Ianus, Alessandro Peritore dava alla moglie di Arnaldo, che si trovava in carcere, un sussidio di mille euro al mese. Amaldo Peritore, inoltre, uscendo dal carcere, pretese da mio Fatello la somma di 11 mila euro e cioè la somma che aveva messo per acquistare lo stupefacente da Giaquinta che era quella di cattiva qualità».
Per recuperare il denaro anche il padre di Arnaldo Peritore si è fatto avanti con Paolo Portelli che doveva dare 25 mila euro. Una somma di denaro che doveva essere consegnata direttamente ad Alessandro Peritore. Nel 2021 Arnaldo Peritore acquistava hashish per la rivenderla a terzi da Angelo Lorefice insieme a Cristopher Schembri, figlio di Giuseppe Schembri, anche lui collaboratore di giustizia.
Nei suoi racconti ai magistrati Peritore si è però soffermato su Vincenzo Tilaro, anche lui coinvolto nell’indagine dei carabinieri. «Si occupava di cessione di sostanze stupefacenti del tipo hashish e cocaina con Pasquale Trubia, detto “grasso”, il cui padre che mi sembra si chiami Massimo fu ucciso, e Aurelio Trubia, cugino di Pasquale. Aurelio abitava vicino al cimitero monumentale di Gela. Non penso che avessero una piazza fissa, spacciavano tramite il sistema dello squillo. Sono vicini alla famiglia Emanuello, cioè ad Alessandro Pellegrino, Gianluca Pellegrino, Guido Legname, Leandro Costarelli. Questi sono i ragazzi del 567».
Nessuna parola da parte del collaboratore di giustizia sul ruolo di Grazio Ferrara confermato dalle intercettazioni e dalle riprese avvenute davanti al suo bar dei Muretti a Macchitella. «Iddru cu niatri è», è la frase che si ripeteva tra i componenti dello spaccio, in particolare tra coloro i quali pensavano di dare una sonora strigliata allo stesso Ferrara se ci fosse stato qualche “tappo” nello spaccio di droga.
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