La decisione
Trapani, vince la battaglia per il cognome materno: il Tar condanna la Prefettura
È stato sancito il diritto all’identità personale

Un giovane di Marsala ha ottenuto il diritto di sostituire il cognome paterno con quello materno, al termine di una lunga battaglia legale contro la Prefettura. La sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale Sicilia – Palermo ha sancito la cessazione della materia del contendere, ma ha anche inflitto una condanna al pagamento delle spese processuali all’amministrazione, ritenuta responsabile di un comportamento ingiustificatamente restrittivo.
La vicenda ha avuto inizio nell’ottobre 2021, quando il giovane ha presentato istanza per la modifica del cognome. La risposta è arrivata solo nell’aprile 2023, con un decreto di rigetto da parte della Prefettura di Trapani, che ha motivato il diniego appellandosi al “carattere eccezionale” del cambiamento, ammissibile solo in presenza di “situazioni oggettivamente rilevanti” e “solide motivazioni”.
Assistito dagli avvocati Girolamo Rubino e Daniele Piazza, il ricorrente ha impugnato il provvedimento davanti al Tar, contestando la rigidità dell’interpretazione amministrativa. I legali hanno richiamato l’art. 89 del D.P.R. 396/2000 e una giurisprudenza consolidata, sostenendo che il cambio di cognome può fondarsi anche su “intenti soggettivi ed atipici, purché meritevoli di tutela” e non in contrasto con l’interesse pubblico. Hanno inoltre evidenziato come il cognome rappresenti un “diritto della personalità” e che la discrezionalità dell’amministrazione debba essere esercitata con rigore e trasparenza.
Di fronte al ricorso, la Prefettura ha scelto la via dell’autotutela, revocando il decreto di rigetto e accogliendo l’istanza. Il giovane ha così potuto finalmente adottare il cognome materno, coronando un percorso durato quattro anni.
La pronuncia del Tar ha preso atto della revoca, dichiarando la cessazione della materia del contendere. Tuttavia, ha condannato la Prefettura al pagamento delle spese processuali, sottolineando l’inadeguatezza dell’atteggiamento iniziale dell’ente. Una decisione che rafforza il principio del diritto all’identità personale e segna un precedente importante per chi intende rivendicare la propria libertà di scelta in ambito anagrafico.