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Il congresso

Carceri, 50 anni dopo la riforma: «La pena deve essere un percorso di riscatto» VIDEO

La direzione della casa circondariale di Piazza Lanza a Catania ha voluto celebrare il cinquantesimo anniversario della legge sull'ordinamento penitenziario con gli studenti.

Laura Distefano

15 Ottobre 2025, 18:20

Carceri, 50 anni dopo la riforma: «La pena deve essere un percorso di riscatto» VIDEO

«Storia, legalità, futuro». Tre parole che rappresentano lo spirito con cui sono stati condotti i lavori del congresso dedicato ai 50 anni della nuova legge dell’ordinamento penitenziario, che si è svolto ieri mattina al Palazzo di Giustizia. Una riforma che ha cambiato totalmente il volto del carcere. O meglio del modo di considerare il detenuto: una persona, prima che un recluso. La pena è (o dovrebbe essere) un percorso formativo, educativo e sociale.

“Il carcere che cambia” è stato il titolo di un confronto fra operatori del mondo penitenziario e penale con gli studenti. Un incontro fortemente voluto dalla direttrice del carcere di Piazza Lanza, che ha svolto anche il ruolo di moderatrice. «Oggi celebriamo un compleanno importante - ha detto - 50 anni della legge 354 del 1975. Una legge che è una riforma epocale che vuole applicare i principi della Costituzione, in particolare l’articolo 27 in linea con quello che sancisce l’articolo 3. E cioè che tutti dobbiamo avere un'opportunità di riscatto e di parità. Una legge che nacque in un periodo storico che fu caratterizzato da riforme. In quel periodo il legislatore decise di dare nuova luce all’esecuzione penale. Oggi abbiamo deciso - ha aggiunto Di Fazio - di festeggiare con gli studenti, perchè loro sono il ponte fra il dentro e il fuori».

A fare da sentinelle nell’applicazione della legge sono molte volte gli avvocati. Il professore di diritto processuale penale dell’Università di Catania, Fabrizio Siracusano (attivo penalista) ha spiegato: «L’avvocatura, in questi cinquant’anni, ha svolto un ruolo di censura rispetto alle discrasie dal punto di vista dell’effettiva applicazione della legge del 1975». Il modello introdotto deve «tendere alla rieducazione e al reinserimento sociale - aggiunge Siracusano - che non è diretto all’individuo ma anche alla collettività perché dovrebbe garantire che il soggetto condannato non sia più un pericolo per la società appena tornato in libertà».

Fra i relatori anche Agata Ciavola, professore di diritto processuale penale della Kore di Enna, Angelo Zappulla, professore di diritto processuale penale dell’Università di Catania, Domenico Palermo, della Cooperativa Prospettive. In chiusura sono stati protagonisti i ragazzi che hanno presentato i loro lavori, artistici e teatrali. Una performance dedicata alla difficoltà e al pregiudizio che ancora oggi vivono gli ex detenuti nel mondo del lavoro. Uno dei primi ostacoli che va davvero abbattuto.