Cassazione
Ecco perché Montante è tornato in libertà: condanna definitiva ma con due cavilli
I giudici della Suprema Corte «disattenti» su alcuni punti del ricorso della difesa

L'imprenditore Antonello Montante
Libero (seppur a tempo) per una «disattenzione» dei giudici della Cassazione. Si cela dietro a una “distrazione” dei giudici della Suprema Corte la scarcerazione di Antonello Montante, l’ex leader degli industriali siciliani che è stato condannato in via definitiva per corruzione e accesso abusivo al sistema informatico. Gli stessi ermellini che hanno cancellato il “sistema” non hanno motivato su alcuni punti della difesa. E questo ha creato un corto circuito che di fatto “sospende” l’esecutività della condanna emessa il 30 ottobre 2024. Nel clou dell’estate sono arrivate le motivazioni (con un certo ritardo) che hanno indotto gli ermellini ad accogliere in parte il ricorso straordinario del difensore Giuseppe Panepinto e a cassarlo sotto altri aspetti. Per gli avvocati di Montante c’è un errore non di poco conto commesso dai giudici della Cassazione: non sono stati analizzati alcuni motivi del ricorso. Uno è relativo al calcolo della pena per l’accesso abusivo allo Sdi (in appello la Corte ha previsto una pena superiore secondo i legali rispetto al primo grado), un altro relativo ad un episodio di corruzione. Gli ermellini, quindi, dovranno rianalizzare i due casi e pronunciarsi sugli stessi. Di fatto questi due cavilli hanno reso inapplicabile l’ordine di esecuzione da parte della procura generale di Caltanissetta che aveva ordinato per Montante il carcere per un primo conto di pena da scontare: 4 anni, 5 mesi e 23 giorni (20 dei quali già espiati al carcere di Bollate dove si è presentato dopo l’emissione del provvedimento ora sospeso).
I giudici della Cassazione hanno reso noti i motivi per i quali Antonello Montante per il momento non può finire in carcere. Nel ricorso presentato dall'avvocato Giuseppe Panepinto - che nel frattempo ha abbandonato la difesa - si chiede agli ermellini di revocare in parte la sentenza di condanna «per omesso esame dei due motivi di ricorso pretermessi ed, in via preliminare, stante l'eccezionale gravità ed assoluta urgenza, sospendere l'esecuzione della pena in quanto a seguito della sentenza impugnata (anche con riguardo ai capi indicati), è stata disposta la carcerazione del Montante». I giudici della seconda sezione della Cassazione (presidente Angelo Caputo, relatore Ignazio Pardo che per un decennio ha svolto servizio in Corte d’appello a Caltanissetta) lo hanno accolto.
Montante va in carcere pg di Caltanissetta firma il provvedimento
I giudici della Suprema Corte quasi giustificano la “svista” dei colleghi: «per costante interpretazione giurisprudenziale, l'omesso esame di un motivo di ricorso per cassazione deve essere ricondotto alla figura dell'errore di fatto quando sia dipeso da una vera e propria svista materiale, cioè da una disattenzione di ordine meramente percettivo che abbia causato l'erronea supposizione dell'inesistenza della censura, la cui presenza sia immediatamente ed oggettivamente rilevabile in base al semplice controllo del contenuto del ricorso». Per il caso dell’imprenditore di Serradifalco «appaiono sussistere le eccezionali ragioni di urgenza per sospendere gli effetti della sentenza posto che, a fronte della prospettata omessa considerazione di alcuni motivi di ricorso, riscontrata sulla base della sommaria delibazione, risulta che Montante è stato tradotto in carcere per l'esecuzione della pena così che l'errore denunciato ha determinato una situazione di eccezionale gravità, severamente incidente sullo status libertatis del ricorrente». Questo accoglimento apre le porte a delle motivazioni integrative che in qualche modo “congelano” la fissazione dell’Appello bis necessario per il calcolo preciso delle pene anche per gli altri imputati. Nel frattempo Montante è un uomo libero, senza limitazioni nei suoi movimenti.