La misura
Mafia, scatta il 41bis per l'ergastolano Mario Ercolano: impartiva ordini grazie a un cellulare
Applicato il carcere duro per il boss di Cosa Nostra. Già condannato per omicidio, sta affrontando il processo "Ombra" a Catania
Sicuramente non è stata una sorpresa. Anche per Mario Ercolano, figlio del defunto Sebastiano, è stato applicato il regime detentivo previsto dall'articolo 41bis dell'ordinamento penitenziario. Per dirla in gergo giudiziario: il boss di Cosa Nostra è al carcere duro. Un altro nome che si aggiunge a una lunga lista di colonnelli catanesi della mafia per cui è in vigore, a seguito di decreto del Ministro della Giustizia, il livello più alto di controllo fra le mura carcerarie. Il regime di 41bis è scattato nei confronti di Francesco Russo, ritenuto l'ultimo rappresentante provinciale del Santapaola. E prima di lui è finito al carcere duro Francesco Napoli, rampollo dei “cavadduzzu” (all'anagrafe Ferrera), ritenuto anche il capo supremo della famiglia mafiosa fino all'arresto nel 2022.
Ercolano, nonostante sia dietro le sbarre ormai da anni, sarebbe riuscito a portare all'esterno le sue direttive. Come? Grazie ad un telefonino che possedeva nonostante la detenzione in alta sicurezza. Nei periodi in cui non aveva un cellulare per “comunicare” avrebbe potuto contare su una rete di complici detenuti con il ruolo di messaggeri. Anche il pentito Rosario Bucolo, ex numero 2 del gruppo mafioso del Castello Ursino, è stato molto preciso: «So che Mario Ercolano aveva a disposizione un telefonino».
Qualche giorno fa, il sostituto procuratore della Dda etnea, Raffaella Vinciguerra ha chiesto alla gup Maria Ivana Cardillo di condannare Ercolano a 20 anni di carcere nel processo abbreviato dell'inchiesta “Ombra”. Il detenuto sta già scontando l’ergastolo per una condanna per omicidio. Il boss sarebbe stato il regista delle scelte strategiche del gruppo di Cibali, dove l'operatività era in mano ai fratelli Salvatore e Carmelo Fazio. Nei faldoni della squadra mobile è finita una telefonata organizzata per discutere del ruolo del figlio di Mario Ercolano, Sebastiano, che per la sua ambizione criminale aveva addirittura addebitato al papà un ordine mai dato. E cioè quello che il giovane diventasse un affiliato di peso della squadra della Stazione. Uno schema organizzativo che aveva rischiato di mettere in crisi gli equilibri all'interno di Cosa Nostra. Con minacce da parte di Cristian Paternò, l'uomo che faceva le veci di Russo nei summit, di creare un gruppo staccato. Dalle carte emerge che non solo il padre non avrebbe mai impartito questa direttiva, ma forse avrebbe voluto in qualche modo mantenere il figlio Seby lontano dai circoli criminali. Temeva forse che il destino per lui sarebbe stato quello di finire in carcere. Come poi in effetti è accaduto.