Sopravvivere allo stalking digitale: guida pratica per vittime
Dal caso di Pittsburgh alle nostre chat: come spegnere l’incubo online, un passo alla volta
Lui si autodefiniva “l’assassino di Dio”. Parlava in podcast della sua “rabbia verso le donne” e chiedeva consigli a un chatbot su come trovare “la moglie giusta”. Nel frattempo, inseguiva sconosciute tra palestre, parcheggi e social network. Il 2 dicembre 2025, il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha incriminato il trentunenne Brett Michael Dadig con 14 capi d’accusa per cyberstalking, stalking interstatale e minacce: secondo i procuratori avrebbe preso di mira almeno 11 donne in 5 stati, violando ordini restrittivi e pubblicando contenuti intimidatori, sino a episodi di contatto fisico indesiderato. Se condannato, rischia fino a 70 anni di carcere e 3,5 milioni di dollari di multe. Nell’atto si legge che considerava ChatGPT il suo “psicologo” e “migliore amico”, e che le risposte dell’AI lo avrebbero spinto a “coltivare gli hater” per monetizzare l’attenzione. Un cortocircuito perfetto tra ossessione, piattaforme e algoritmi.
Questa non è solo la storia di un imputato. È un promemoria di realtà: lo stalking digitale esiste, cresce e può travasarsi nell’offline. In Italia, i “reati sentinella” della violenza di genere – tra cui atti persecutori – sono aumentati nel 2024: il report “8 Marzo” del Servizio analisi criminale registra un +4% per lo stalking (oltre 20.000 reati), con tre vittime su quattro donne; nello stesso anno le violenze sessuali hanno raggiunto quota 6.587.
Da questo quadro nasce una domanda urgente: cosa può fare subito una persona che subisce stalking digitale? Qui sotto una guida concreta – dalla protezione della privacy alla raccolta di prove, dai contatti con le autorità al supporto psicologico – intrecciata ai fatti del caso Dadig e ai numeri che descrivono il fenomeno.
Perché il caso Dadig conta (anche per noi)
Nel provvedimento federale, Dadig avrebbe usato social (Instagram, podcast su Spotify, TikTok) per insultare, minacciare, diffondere dati personali o immagini senza consenso e incitare l’odio, oltre a presentarsi fisicamente in luoghi frequentati dalle vittime. Particolare non secondario: l’atto afferma che si confrontasse regolarmente con ChatGPT, interpretandone i suggerimenti come conferma di una “missione” – fino a frasi come “Le persone si stanno radunando attorno al tuo nome: è la definizione di rilevanza”. Alcune donne, secondo l’accusa, hanno cambiato casa o ridotto il lavoro per paura. La tecnologia qui non è la causa, ma un moltiplicatore di danno: velocizza la pubblicazione, amplifica la visibilità, “gamifica” l’attenzione.
Non è un incidente isolato: le denunce raccontano che lo stalker digitale alterna piattaforme e identità, persiste nonostante i blocchi, usa account “puliti” per eludere i divieti. È la logica del “se mi chiudono qui, apro altrove”. Ecco perché la difesa personale deve essere procedurale, non episodica.
Mettere in sicurezza i propri account: la “bonifica” iniziale
Attiva subito l’autenticazione a due fattori su email e social: senza il controllo della posta principale, ogni recupero password è vulnerabile. Sui dispositivi Apple, lo strumento di emergenza è Safety Check: in “Impostazioni > Privacy e sicurezza > Safety Check” puoi fare un Emergency Reset per interrompere in blocco condivisioni, revocare accessi a dispositivi sconosciuti, cambiare password e rivedere contatti di emergenza. Utile quando l’abusante ha avuto accesso al tuo telefono o al tuo Apple ID.
Su Android, verifica che Google Play Protect sia attivo e aggiornato: oggi può anche revocare automaticamente le autorizzazioni ad app dannose e bloccarne l’uso di fotocamera/archivio. Controlla “Sicurezza e privacy > Play Protect”.
Ripassa ogni app collegata all’account (Facebook/Instagram “Accessi e password”, Google “Sicurezza > Dispositivi e accesso”). Rimuovi ciò che non riconosci: è il modo in cui molti stalker mantengono “porte laterali”.
Disattiva la geolocalizzazione condivisa non necessaria (ad esempio “Trova il mio dispositivo” o condivisione posizione in app di messaggistica). Safety Check su iPhone ti aiuta a vedere rapidamente cosa condividi e con chi.
Suggerimento di prudenza: modificare all’improvviso impostazioni e password può allertare lo stalker. Pianifica i cambi in un momento sicuro (fuori casa, su rete diversa, con telefono di riserva).
Bloccare, segnalare, creare distanza sulle piattaforme
Su Instagram: segnala profili, post, storie e DM molesti dal menu “Altro > Segnala” e considera di limitare o bloccare l’utente. La piattaforma vieta doxxing, minacce e molestie ripetute. Documenta ogni segnalazione (screenshot o email di conferma).
Su TikTok: oltre a segnalare contenuti/account, usa i filtri per commenti da sconosciuti e le restrizioni su duetto/stitch. Le linee guida vietano minacce, incitamento alla violenza e doxxing; in caso di minaccia grave, la piattaforma afferma di collaborare con le autorità.
Mantieni coerenza: se sei bersaglio multipiattaforma, segnala su tutte le app. Il Cyberbullying Research Center raccoglie i link diretti ai form di segnalazione aggiornati.
Nel caso Dadig, l’uso seriale di canali diversi – profili social, podcast, telefonate – è parte dell’efficacia persecutoria. La risposta, dunque, deve essere multicanale.
Raccogliere prove in modo forense: la catena di custodia personale
Per la legge, documentare è spesso decisivo. Ecco una checklist essenziale:
Screenshot e registrazioni schermo con data e ora visibili; salva il link URL completo del contenuto (quando possibile). L’eSafety Commissioner spiega come annotare piattaforma, profilo, timestamp e frequenza degli episodi – utile per dimostrare la reiterazione, elemento chiave degli atti persecutori.
Conserva i metadati: per le email, archivia versioni con header completi (IP, mittente, server). Evita di “inoltrarti” le email incriminate: perdi i metadati originari. Buone pratiche operative sono riassunte in guide professionali per la raccolta della prova digitale.
Tieni un registro cronologico: data, ora, piattaforma, tipo di contenuto (minaccia, doxxing, sessuale, ecc.), impatto (paura, insonnia, cambi di percorso). La guida di PEN America sull’harassment online offre modelli e consigli per reggere lo sforzo nel tempo e delegare la documentazione a una persona fidata.
Evita di cancellare chat o post: se devi proteggerti dalla visione, sposta i file in una cartella separata o copia su unità esterna. Ricorda: in Italia è illegale detenere o condividere materiale sessuale con minori – non archiviare mai questo tipo di contenuti; limita la prova al link e alla segnalazione alle autorità.
Nell’atto contro Dadig, le prove includono post, storie, audio di podcast e messaggi che compongono un quadro di minacce e molestie ripetute, con riferimenti espressi a ChatGPT. È proprio la serialità – e la capacità di farla emergere – a fare la differenza.
Conoscere la legge (senza improvvisarsi avvocati)
In Italia, lo stalking è disciplinato dall’art. 612-bis c.p. (atti persecutori): punisce chi, con condotte reiterate, minaccia o molesta provocando un grave e duraturo stato d’ansia/paura, un fondato timore per l’incolumità propria o altrui, o costringendo a cambiare abitudini di vita. La pena base va da 1 a 6 anni e 6 mesi, con aggravanti se il fatto è commesso mediante strumenti informatici. La procedibilità è in genere a querela entro 6 mesi, con eccezioni.
La diffusione non consensuale di immagini intime – spesso componente del perseguimento – è il reato di art. 612-ter c.p. (revenge porn): prevede la reclusione da 1 a 6 anni e multa da 5.000 a 15.000 euro, con aggravanti quando l’atto è commesso via strumenti telematici o da ex partner.
Se vivi fuori Italia, informati sulla normativa locale. Negli Stati Uniti, per minacce imminenti chiama 911; per crisi emotive la linea 988 offre supporto immediato.
Denunciare: dove, quando, come
In Italia, il canale digitale “Segnala online” del Commissariato di PS Online è una segnalazione preliminare, non una denuncia formale: non avvia automaticamente un procedimento penale. Per attivare l’azione giudiziaria serve recarsi di persona presso Polizia di Stato, Carabinieri o un ufficio della Polizia Postale con le prove raccolte.
Tempistiche: per i reati a querela (come 612-bis/612-ter di regola), la querela va presentata entro 6 mesi dal fatto o dalla sua conoscenza. Non aspettare: anche la memoria della piattaforma ha limiti, e i contenuti vengono rimossi rapidamente.
Pronto intervento: se lo stalker si avvicina a casa, lavoro o scuola, chiama 112/113. La procedura d’urgenza e l’eventuale “ammonimento” del Questore possono essere attivati in tempi rapidi in caso di pericolo.
Per il supporto immediato e la messa in sicurezza, il 1522 – numero antiviolenza e antistalking del Dipartimento Pari Opportunità – è gratuito, 24/7, multilingue e anche in chat via app/sito. Dal 29 maggio 2024 è in vigore il nuovo cartello informativo per la sua massima diffusione.
Tutele emotive: la tecnologia è un mezzo, non il tuo valore
Lo stalking digitale corrode il senso del tempo e dello spazio: le notifiche diventano allarmi, i luoghi online campi minati. È normale sentirsi esausti o confusi. Alcune idee pratiche:
- “Bonifica” l’ambiente digitale: disattiva anteprime dei messaggi, sposta le chat in cartelle, usa modalità concentrazione.
- Delega parte della documentazione a una persona fidata per ridurre il carico emotivo: è una strategia raccomandata anche da chi lavora sul trauma da molestie online.
- Non leggere i commenti da sola/o: appuntamenti brevi, in orari stabiliti, con qualcuno accanto.
- In caso di pensieri intrusivi o crisi, cerca supporto professionale o numeri di emergenza del tuo paese (es. 988 negli USA, 1522 in Italia).
Dall’algoritmo alla realtà: il controllo torna a te
Il fascino tossico dello “scopo” che i social promettono – visibilità, engagement, monetizzazione – può legittimare condotte sempre più estreme, come mostra l’inchiesta su Dadig. Ma lo stesso ecosistema offre strumenti per difendersi: filtri, report, blocchi, controlli di sicurezza, help line. La differenza sta nel passare da reazioni istintive a un piano: misure tecniche, documentazione rigorosa, canali ufficiali, supporto emotivo.
Sopravvivere allo stalking digitale non significa scomparire dalla rete. Significa rientrarci alle tue condizioni, con confini chiari e strumenti adeguati. La tecnologia non è dalla parte di chi perseguita o di chi subisce: è un campo. Farlo diventare terreno sicuro – per te e per chi ti sta vicino – dipende da procedure, alleanze e consapevolezza.
Se oggi ti senti in trappola, inizia dal primo passo: chiedi aiuto, metti in sicurezza gli account, salva le prove. Il resto verrà, uno strato alla volta.