IL CASO
Affitti brevi, il ministro Giorgetti: «Macché schiaffo alla classe media. Il problema è Airbnb». Come il colosso delle prenotazioni ha cambiato il mercato delle case
Il dibattito sull'innalzamento dal 21 al 26% della cedolare secca previsto in manovra e l'impatto della piattaforma digitale
«Non c'è nessun intento di punire i proprietari, però bisogna capire se bisogna in qualche modo premiare le locazioni per abitazione oppure le locazioni per i turisti stranieri. Ecco, semplicemente questo». Così il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, in una intervista a "Quarta Repubblica" che andrà in onda questa sera su Rete4, risponde sulla questione dell’aumento dell’aliquota sugli affitti brevi inserita in manovra nella quale è previsto l'innalzamento dal 21 al 26% della tassa per l’affitto della prima casa escludendo solo coloro (una percentuale minima secondo le stime della Ragioneria) che non fanno ricorso per la locazione a intermediari o piattaforme come Booking o AirBnB.
La cedolare secca «è nata per favorire le locazioni a uso abitativo. Poi c'è la gestione imprenditoriale dell’affitto breve e la gestione dell’affitto come si è sempre fatta. Ma non è che la legge di bilancio passa attraverso un articolo di questo tipo - che è una piccolissima cosa - su cui si è fatto grande dibattito, per carità», ha aggiunto il titolare del Mef. E alla domanda se la misura sia uno "schiaffo" alla classe media, Giorgetti replica: «No, non penso proprio. La classe media per la prima volta ha delle riduzioni di imposte che siamo riusciti a fare grazie al lavoro impostato con grande serietà in questi tre anni».
Quello della morosità degli inquilini «è un altro problema. Il problema - prosegue - non sono i proprietari, il problema è Airbnb e tutto questo meccanismo che oggettivamente ha distrutto il mercato degli affitti di altro tipo. Dopodiché, ribadisco, non è una questione di vita o di morte».
Il boom degli affitti brevi
In effetti il portale citato da Giorgetti ha avuto un'impatto enorme sul mercato degli affitti brevi che negli ultimi sette-otto anni grazie alle piattaforme digitali in Italia ha avuto una crescita straordinaria. Secondo un’analisi del Politecnico di Torino ( Future Urban Legacy Lab) per il periodo 2017-2024, il numero di unità abitative attive su piattaforme come Airbnb è aumentato di oltre il 52%. Il giro d’affari è passato da circa 2,6 miliardi € nel 2017 a circa 8,8 miliardi € nel 2024, con l’anno in corso che probabilmente supera i 9 miliardi. La tariffa media per notte nel 2024 si aggirava intorno a 167 € a notte per unità.
Chi affitta e come
La diffusione non interessa solo piccoli proprietari che affittano occasionale-mente un’abitazione. Il rapporto del Politecnico mette in luce che oggi esiste una forte professionalizzazione: gli “host” che gestiscono molte unità — le cosiddette “large host” — rappresentano una quota minoritaria in numero ma assai rilevante in termini di fatturato e immobili gestiti.
Attorno al 2024, gli host attivi erano circa 350 mila.
Effetti sul mercato della casa
Il rapido sviluppo degli affitti brevi ha spalancato nuove opportunità, ma ha anche sollevato questioni complesse.
Da una parte, per i proprietari di immobili la locazione breve può essere più redditizia rispetto all’affitto tradizionale a lungo termine. Nel rapporto si segnala che nei grandi centri urbani alcuni ricavi medi annuali per unità hanno raggiunto la soglia di 24 mila € o più.
Dall’altra, questa redditività maggiore può creare un “effetto traino” verso l’affitto breve: il proprietario di un immobile può scegliere di non stipulare un contratto residenziale a lungo termine se può ottenere di più con il breve termine. Ciò riduce l’offerta di case per chi cerca abitare stabilmente e può contribuire all’aumento dei canoni residenziali.
In alcune città le unità attive su piattaforme come Airbnb diventano una quota non trascurabile del patrimonio immobiliare complessivo. Ad esempio, a Milano, Roma e Napoli le offerte per affitti brevi si avvicinano o superano per certi quartieri il 5% degli immobili occupati.
Regole, conti e giustizia fiscale
Con l’evoluzione del fenomeno, anche il panorama normativo e fiscale è entrato in tensione. Da qui la proposta del governo prevede di portare l’aliquota fiscale dal 21% al 26% per i redditi derivanti da affitti brevi tramite portali, almeno per il primo immobile offerto.
Si apre qui una questione di equità: è giusto che un’attività che genera reddito rilevante e impatti sul tessuto abitativo sia trattata con un regime fiscale diverso rispetto all’affitto tradizionale? Il dibattito è aperto.
Il fenomeno presenta chiari benefici: mobilità dell’offerta, nuovi redditi per proprietari, possibilità per turisti e viaggiatori di accedere a formule alternative. Ma presenta anche rischi non marginali: aumento del costo della casa per chi abita nei centri urbani, possibile spinta verso la “turistificazione” di quartieri residenziali, concentrazione del business in poche mani.