I vestiti che indossiamo possono contenere sostanze tossiche? Tutto quello che c'è da sapere sui rischi che corriamo
Gli abiti possono nascondere metalli pesanti, coloranti e PFAS che minacciano pelle e salute dei bambini, mentre etichette e normative non sempre garantiscono sicurezza

I vestiti che indossiamo possono contenere sostanze tossiche? Il rischio esiste, anche se il settore tessile negli ultimi anni ha fatto passi avanti importanti. Per produrre i tessuti si utilizzano diverse sostanze chimiche, alcune vietate o limitate per legge. Tra queste: metalli pesanti come mercurio, cadmio, piombo, nichel e cromo, e coloranti o solventi classificati come cancerogeni.
Tuttavia, capire se un capo di abbigliamento sia completamente sicuro non è semplice: sull’etichetta è obbligatorio indicare la composizione del tessuto in percentuale, ma non gli additivi chimici o le quantità di sostanze potenzialmente pericolose oltre determinate soglie. Questo può rappresentare un rischio, anche su tessuti naturali e soprattutto nei capi per bambini, spesso prodotti a basso costo e con ritmi di produzione molto veloci, soprattutto all’estero.
Esistono però etichette volontarie, come quelle “nickel free”, che indicano l’assenza di nichel, un elemento allergizzante presente in alcuni coloranti. Ad oggi non esiste una legislazione unica che tuteli i consumatori per quanto riguarda le sostanze chimiche nei vestiti, ma molte norme a seconda dei Paesi di produzione e vendita. L’Europa, per esempio, protegge i consumatori con specifici regolamenti sui tessili, anche se spesso nei mercati internazionali arrivano capi che sfuggono ai controlli.
Quali rischi per la salute? A breve termine possono manifestarsi dermatiti da contatto, causate da una reazione allergica del sistema immunitario a sostanze presenti nel tessuto. Queste reazioni colpiscono più frequentemente le donne, che utilizzano una maggiore varietà di tessuti, spesso sintetici e colorazioni scure. Le dermatiti sono disturbi comuni e generalmente facili da trattare con terapie prescritte dal medico o dermatologo.
Per confermare queste allergie esistono test specifici, come il patch test, in cui sulla pelle vengono applicati piccoli campioni di sostanze potenzialmente irritanti, tra cui nichel, cromo e certi coloranti. Il test è indolore e dura 48–72 ore, al termine delle quali il medico valuta la reazione cutanea.
A lungo termine, invece, preoccupa la presenza di sostanze chiamate PFAS, note come “forever chemicals” perché persistono nell’ambiente per migliaia di anni senza degradarsi. Secondo studi dell’agenzia americana per la protezione dell’ambiente, questi composti possono danneggiare il sistema immunitario, compromettere la funzionalità renale e influenzare l’età della prima mestruazione, oltre a favorire malattie cardiovascolari. I bambini sono particolarmente vulnerabili a questa esposizione.